04/06/17

Aiuto didattico per la soluzione del quiz sul righello **

Per una analisi completa delle "Visioni relativistiche" si consiglia di leggere il relativo approfondimento, del quale questo articolo è parte integrante.

 

Per rispondere alla domanda del quiz bisogna fare una premessa: la richiesta si riferiva a quello che rimane impresso sulla pellicola della macchina fotografica (MF) e non su quello che potrebbe essere misurato in un sistema in quiete. Siamo di fronte a un oggetto di dimensioni finite che si muove ad alta velocità lungo una direzione qualsiasi rispetto a una macchina fotografica, che è considerata in un sistema fermo. Questo articolo non è la VERA risposta, ma un esempio terra-terra che può essere illuminante e decisivo per la soluzione più immediata.

Figura 1
Figura 1

 

Misurando la lunghezza del righello nel sistema della MF siamo obbligati a ritrovare la contrazione delle lunghezze dovuta alla Relatività Ristretta (RR). Tuttavia, quello che ci interessa è: “Si fotografa o non si fotografa la contrazione di Lorentz? E se non si fotografa, cosa appare sulla pellicola?” Siamo, perciò, di fronte a un’apparenza e non a una realtà fisica vera e propria. Tuttavia, anche l’aberrazione luminosa è un’apparenza e non possiamo certo trascurarla. Inoltre, ciò che appare alla fine è dovuto a un fenomeno fisico (la limitatezza della velocità della luce) e quindi l'apparenza ha tutto il diritto di essere considerata un fenomeno fisico in piena regola.

Immaginate un tentativo fatto per misurare la lunghezza di una certa particella superveloce. La cosa migliore sarebbe riuscire a fotografarla… ma allora devo sapere esattamente come tornare indietro dalla foto alle dimensioni “reali” sia contratte dalla RR sia in quiete (quest’ultimo passaggio ce lo regala Einstein con la RR). A prima vista sembrerebbe un problema non facile, ma, in realtà, almeno da un punto di vista qualitativo, gli ostacoli sono irrisori. Il livello scelto da noi è mantenuto molto basso, ma sufficiente a spiegare apparenze apparentemente assurde ma del tutto spiegabili con un minimo di ragionamento.

Il tutto, in fondo, si collega a ciò che fotografiamo puntando una MF verso il cielo. L’importante è considerare un “clic” istantaneo, capace di raccogliere la luce che arriva in un certo istante perfettamente definito senza tener conto di integrazioni luminose successive. Questa è la causa principale dell’utilizzo della MF e non dell’occhio che continua a immagazzinare luce…

In una istantanea del cielo notturno possiamo tranquillamente vedere galassie, stelle, pianeti e magari anche qualcosa di più vicino (se è illuminato). Cosa possiamo dire a riguardo? Una cosa semplicissima che è ormai patrimonio di tutti: “La luce che giunge alla MF proviene dall’Universo, ma è partita in tempi decisamente diversi!” (come questi scolari che, partiti dalle loro case in orari diversi, arrivano a scuola e vengono visti dal custode contemporaneamente). Quella relativa alla galassia è partita milioni o miliardi di anni fa, quella della stella qualche decina o centinaia di anni fa, quella del pianeta ore o minuti fa, quella della casa illuminata solo frazioni di secondo fa. Eppure questo è quello che vediamo sulla pellicola. (Vi ricordate la linea ferroviaria all’inizio del corso di matematica? Ebbene se la fotografo dovrei dedurre che due rette parallele si incontrano sicuramente! Chiamiamola pure prospettiva, ma è comunque ciò che si vedrebbe sulla pellicola. L’aggancio con geni come Masaccio & co. ci fa capire come l’arte sia sempre stata in stretto contatto con la fisica, ma non solo. Da qui il nostro bisogno di allargare sempre i vari discorsi e ragionamenti. Il nostro paracadute deve sempre aprirsi al tempo giusto!).

Una realtà solo visiva, un’apparenza, dato che nel momento dello scatto fotografico, la galassia, la stella e il pianeta si sono già spostati dalle posizioni di partenza della loro luce. Tuttavia, lo scatto fotografico, sapendo con cosa abbiamo a che fare, diventa la realtà fisica  su cui possiamo svolgere le nostre analisi scientifiche. Rimane il fatto fondamentale che la posizione di ogni oggetto ripreso è relativa a un tempo di partenza diverso e quindi abbiamo di fronte una rappresentazione legata soprattutto alla lentezza della luce. Facciamo un esempio brutale in Fig. 1.

Non guardate con attenzione i moti degli oggetti celesti, li ho disegnati a casaccio, senza alcuna legge di meccanica celeste. L’importante è capire il concetto di base.

La galassia è l’oggetto più distante e, affinché la sua luce arrivi sulla MF al tempo to, deve partire al tempo t1. E’ facile vedere la posizione dei tre oggetti al tempo t1. Tuttavia, la luce, che S e P devono inviare affinché arrivi su MF al tempo to, DEVE ASPETTARE, in quanto se partisse al tempo t1 arriverebbe alla MF molto PRIMA di quella della galassia (loro sono molto più vicine).

La prima che passa all’azione è la stella quando è nella posizione S2. In quelle condizioni, infatti, la distanza che deve percorrere la luce da S2 a MF è esattamente uguale a quella che deve ancora percorrere la luce partita da G1 in t1, per arrivare in MF. E’ facile determinare questo istante… basta tracciare una circonferenza di centro MF che passi da S2 e vada a incontrare il tragitto del fotone di G1. Il fotone della stella può accodarsi a quello galattico. Disegniamo in rosso il tragitto “concorde” del fotone galattico e di quello stellare.

Il pianeta P sta ancora aspettando, dato che è più vicino e la luce inviata fino ad ora arriverebbe su MF molto prima del tempo to. Il momento per far partire il fotone planetario che ci interessa è t3, dato che in quell’istante la distanza che deve percorrere è esattamente uguale a quella del fotone stellare e di quello galattico. Anche l’ultimo fotone si allinea con gli altri due e insieme percorrono il tragitto blu che li fa arrivare CONTEMPORANEAMENTE su MF al tempo to.

Cosa vediamo sulla pellicola? La galassia in G1, la stella in S2 e il pianeta in P3. Una configurazione (oggetti rossi) che non ha nessuna corrispondenza con la realtà dei fatti… Al tempo t1 la vera configurazione sarebbe stata data da P1, S1 e G1. Al tempo to la vera configurazione sarebbe Po, So e Go (oggetti verdi). E analogamente per i tempi t2 e t3.

In poche parole (e senza nessuna formula), tenendo solo conto del fatto che la luce è piuttosto “lenta” (chissà cosa vedremmo se fosse diversa...), l’immagine che otteniamo è un mix caotico di spazio e tempo, che ben poco ha a che vedere con configurazioni reali degli oggetti singoli. Tuttavia, è tutto ciò che possiamo ricevere da questo tipo di informazione e ci dobbiamo accontentare… La scienza, però, è riuscita a districarsi e a capire come sono andate le cose, facendo più fotografie e confrontando i risultati.

Questa trattazione è giocoforza banalizzata e semplificata, dato che non tiene conto dell’espansione dell’Universo e dei veri moti degli oggetti celesti e della stessa MF. Tuttavia, è più che sufficiente a capire cosa vediamo sulla pellicola quando facciamo muovere velocemente il nostro righello. Nell’esempio precedente abbiamo utilizzato oggetti diversi… nel caso del righello l’oggetto è unico, ma si muove in modo rapidissimo: le conclusioni sono estremamente simili…

NB: vi pregherei di inserire nuove interpretazioni -o miglioramenti e/o ripensamenti delle precedenti- nei commenti a questo articolo. Eviterebbe il caos di dover saltare troppo da un articolo all'altro.

Questa trattazione quasi "ridicola" può essere molto utile quando cominceremo a complicare un po' le cose...

Buon divertimento!

 

QUI la soluzione

Ma cosa vediamo nell'Universo e perché? In modo molto semplice, adatto anche ai più giovani e/o inesperti, ne parliamo QUI

QUI tutti gli articoli dedicati alle visioni relativistiche

12 commenti

  1. Maurizio Bernardi

    Solo intuitivamente.....

    Se un punto è fermo la sua luce arriva superando la distanza che lo separa dalla macchina fotografica.
    Se il punto si muove e si avvicina alla macchina, la distanza decresce. La sua luce quindi arriverà insieme a quella proveniente dalle sue posizioni precedenti e la fotografia sarà di un punto "allungato".

    I raggi 1 2 3 sono relativi a punti non più occupati dal segmento (rosso) la cui luce mi arriverà ancora per un po'. Il raggio 4 proviene da un punto limite, oltre il quale abbiamo raggi di tipo 5 generati da punti realmente occupati dal segmento (verde) la cui luce è appena partita e non è ancora arrivata a MF.

    I raggi che finiranno ad impressionare la pellicola sono quelli da 1 a 4.

    L'insieme dei raggi da 1 a 4 imprime sulla pellicola l'immagine di un segmento allungato.

     

  2. scusa... Mau, ma il raggio 1 sembrerebbe arrivare sulla macchina molto prima di 4. O, almeno, non capisco cosa rappresentino le parti gialle dei tragitti dai vari punti.

  3. Un ulteriore precisazione per tutti coloro che vorrebbero usare Minkowski:

    La configurazione righello-velocità del righello- macchina fotografica avviene in un piano (x,y). La classica rappresentazione di Minkowski individua, invece, lo spazio come una retta (x). Andrebbe, perciò, portato alle tre dimensioni (x,y,t). Ne segue un'inutile complicazione...

     

  4. maurizio bernardi

    Ecco, Enzo, il senso che ho attribuito ai raggi è quello di "fotoni in coda".

    Il raggio uno, arriva alla macchina assieme a tutti gli altri, ma la sua coda di fotoni è più corta perché non è più alimentata dal punto di partenza (che si è spostato). Il buio alle spalle della linea gialla dice che, esauriti quelli residui, non arriveranno più fotoni da quella direzione

    Analogamente, parlando del raggio 5, il buio davanti alla linea gialla dice che non ci sono ancora fotoni "vicini" alla macchina. La testa del corteo si è mossa da poco.

  5. OK, OK, un po' contorto... sento puzza di Pau :mrgreen:

  6. Io, invece, sto scrivendo una favoletta per dare la soluzione... dal titolo: "Due fotoni amici per la pelle". Anche i bambini capiranno la spiegazione (spero)... :roll:  :-P

  7. maurizio bernardi

    Visto che ho ben 3 nipotini, almeno uno mi spiegherà tutto. Mi sento in una botte di ferro. (tipo Attilio Regolo)

  8. Paolo

    … uno è più distante e parte prima, l'altro è più vicino e parte dopo ed entrambi si incontrano in prossimità della macchina fotografica... nel frattempo un dispettoso righello decide di muoversi velocemente e consegna le sue preziose informazioni ai fratelli fotoni che partono in tempi diversi, ma raggiungono la macchina fotografica nello stesso istante...

    Paolo

  9. Paolo... non anticiparmi il finale della favola!!!! :mrgreen:  :mrgreen:

    Mau... guarda che adesso i bambini "moderni" usano le botti con dentro i chiodi ! :twisted:

  10. Daniela

    Caro Mau, se sarà Oreste junior a spiegarti cosa si vede in questa fotografia, puoi fidarti ciecamente!! (Purché la macchina fotografica non sia "made in Waterloo")

    :mrgreen:

  11. Lucianodev

    Scusate, ma ho visto solo ora che le soluzioni proposte andavano postate qui.

    La foto ritrarrà il righello com'è.

    Poniamo per semplicità che il righello sia lungo 1 mt. e che il rilevatore MF si trovi ad una distanza di 1 mt.

    Al tempo t1 arriveranno ad MF contemporaneamente  i fotoni partiti dal centimetro 0 e dal centimetro 100, ma in quell'istante il righello si sarà spostato di 90 cm in avanti. Un po' come accade per le foto astronomiche ove possono venire ritratti oggetti con velocità  relative anche molto alte, di cui però possiamo solo supporne la posizione (o distanza) reali.

  12. Gianni Bolzonella

    Il righello si sta muovendo a velocità v per esempio verso sinistra, allontanandosi dall’osservatore che guarda la scena. Chiaramente il primo raggio, che identifica l'estremo posteriore del righello, giungerà all'osservatore prima del secondo, che identifica invece l'estremo anteriore. Attenzione però! Il righello si sta muovendo, quindi in ogni istante l'osservatore/apparato non riceverà due raggi prodotti contemporaneamente. Per capirlo meglio studiamo la "storia" dei due raggi:
    il secondo raggio viene riflesso dalla”punta” del righello, e si propaga verso l'osservatore/apparato.il secondo raggio percorre tutta la lunghezza del righello,ritrovandosi in prossimità dell'estremo posteriore. E' importante notare che nel tempo impiegato dal raggio per giungere fino all'altro estremo il righello ha PERCORSO un po' di strada, quindi la distanza coperta dal secondo raggio è inferiore alla lunghezza del righello. Questo è il vero punto focale del ragionamento.
    Mentre il secondo raggio si trova in prossimità dell'estremo posteriore del righello viene prodotto il primo raggio.
    i due raggi raggiungono l'osservatore/apparato contemporaneamente, e questi li utilizza per misurare la lunghezza del righello.Ora, noi stiamo parlando di raggi luminosi, ma quello che avviene di fatto è che l’osservatore vede i due estremi del righello.. Potendo osservare i due estremi non sarà un problema per lui misurarne la lunghezza. Occorre tener presente però che, se il righello fosse fermo, la differenza nelle distanze percorse dai due raggi sarebbe esattamente uguale alla lunghezza sua propria. Ora che il righello si sta muovendo però, la differenza nella distanza percorsa dai due raggi è inferiore alla lunghezza sua propria.L'effetto è generalizzabile anche al caso in cui l'oggetto si stia muovendo verso l'osservatore, basta invertire i ruoli di primo e secondo raggio.

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