25/06/22

Da un spazio curvo alla precessione di Mercurio **

Questo articolo è inserito nella pagina d'archivio "Einstein ha sempre ragione (o quasi)"

 

Studiare la teoria della relatività di Einstein è come immergersi in un'avventura. Al di là delle sue difficoltà matematiche, resta, comunque, una favola e come tale può essere può essere compresa nelle sue caratteristiche generali da chiunque, anche senza portare esempi che spesso confondono piuttosto che chiarire.

Abbiamo più volte ripetuto la frase di Feynman relativa alla teoria della relatività generale: "Non mi meraviglia tanto la teoria, ma il fatto che Einstein abbia potuto pensarci...". In realtà, la curvatura dello spazio (più esattamente dello spaziotempo) è un'ipotesi talmente innovativa e fantasiosa che solo una mente speciale poteva immaginarla. Eppure, Einstein ci arrivò in un modo veramente semplice, come spesso capita per le grandi scoperte: sono sotto gli occhi di tutti, ma nessuno riesce a vederle.

Einstein conosceva benissimo la descrizione matematica degli spazi curvi, ma la sua folgorazione fu quella di trovarne un'applicazione immediata nella realtà che ci circonda: il famoso passaggio dalla matematica pura alla fisica, che è dote di poche menti. L'idea gli venne quando ancora lavorava nell'ufficio brevetti, nel 1907, dato che nessuno gli aveva ancora offerto un posto all'Università malgrado i suoi fantastici articoli del 1905 (i grandi geni non sono quasi mai "digeriti" subito dalla Scienza "normale").

Lui non era del tutto contento della sua relatività speciale, dato che spiegava sì come il tempo e lo spazio fossero relativi al sistema di riferimento in cui ci si trovava, ma era limitata ai moti effettuati a velocità costante. Ma cosa capitava quando su una certa massa veniva imposta un'accelerazione? In particolare, l'accelerazione dovuta alla gravità. L'idea folgorante gli venne -si dice- assistendo alla caduta di una persona da un tetto. Probabilmente non è così, ma il succo del discorso è che lui si pose nei panni di quella persona e, al contrario di tutti noi, non pensò alle tragiche conseguenze "fisiche", ma a cosa avrebbe visto la persona in caduta libera.  Ci si può anche scherzare sopra, ma resta il fatto che questa visione  gli permise di comprendere  ancora una volta una differenza sostanziale tra sistemi di riferimento diversi. E arriviamo al suo ascensore...

Lui immagina di essere all'interno della cabina, al di fuori di qualsiasi forza gravitazionale. Beh... sarebbe libero di fluttuare nel vuoto (proprio come gli astronauti sulla stazione spaziale, aggiungiamo noi). Le pareti non gli permettono di vedere al di fuori e, di conseguenza, non si accorgerebbe se, improvvisamente, venisse aggiunta la Terra sotto la cabina. La cabina, con tutto ciò che c'è dentro inizierebbe a cadere verso il basso accelerando e aumentando la velocità. Ma lui si accorgerebbe di qualcosa? Assolutamente no, dato che tutto ciò che è all'interno della cabina cadrebbe con la stessa velocità, subendo la stessa accelerazione. In particolare se lui avesse a disposizione un laser vedrebbe cha la luce partirebbe da un punto della parete e finirebbe esattamente alla stessa altezza della parete opposta. Insomma, la luce andrebbe in linea retta.

Tutto bene (o quasi...), ma cosa vedrebbe, invece, un osservatore all'esterno della cabina, nel sistema di riferimento solidale con la Terra? Vedrebbe cadere cabina, Einstein e laser verso il basso e, soprattutto vedrebbe il raggio di luce del laser descrivere una traiettoria curva (Fig. 1)

Fig. 1. In (a) il sistema di riferimento, interno all'ascensore in caduta libera, si muove solidalmente con esso da t1 a t2. Chi è all'interno vede la luce del laser L andare dritta e colpire la parete opposta in L1. In (b) il sistema di riferimento è esterno, per cui il laser viene ad assumere due punti verticalmente diversi, passando da t1 a t2. Ne consegue che la luce è costretta a muoversi in linea curva per colpire la parete opposta in un punto L1 alla stessa altezza rispetto al pavimento.

Capiamo bene cosa succede all'osservatore esterno: lui vede la luce descrivere una linea curva. Tuttavia, sa benissimo che la luce cerca sempre di fare meno fatica possibile e descrive la traiettoria che impone il  minor tempo possibile. Il che vuole anche dire, perciò, che non è la luce che curva, ma è proprio lo spazio che diventa curvo. La gravità, perciò, non ha un effetto sulla luce, ma sullo spazio attorno alla Terra. Il che vuol dire che una qualsiasi massa di dimensioni notevoli è capace di deformare in modo ben misurabile lo spazio attorno a sé. Questo è ciò che viene chiamato GRAVITA'.

Capiamo subito le ripercussioni enormi davanti a cui si trova. Gli ci vuole poco a pensare che una massa possa agire come una lente e raccogliere in un punto i raggi di una sorgente luminosa talmente distante che essi potrebbero essere considerati paralleli. Raccogliendo la luce di molti raggi la intensificherebbe, proprio come capita in un telescopio.

E non gli ci vuole nemmeno troppo a pensare che uno spazio curvo potrebbe spiegare l'anomalia della precessione dell'orbita di Mercurio. Lo vediamo attraverso un semplicissimo esperimento (l'ho "succhiato" da una conferenza tenuta da un caro ex-collega milanese, Gabriele Ghisellini) che possiamo eseguire con due semplici foglietti di carta. Disegniamo su di uno un cerchio e sull'altro un'ellisse. Poi eseguiamo un taglio dal centro del cerchio e da un fuoco dell'ellisse fino al bordo del foglietto, come mostra la figura.

A questo punto sovrapponiamo il lato tagliato di destra sopra il foglietto (spazio). Curvandolo adeguatamente non è difficile continuare a ottenere un cerchio,  che si chiude perfettamente nel primo caso.

Abbiamo davanti un cono che ha per vertice il centro del cerchio e per sezione il nuovo cerchio. Proviamo adesso a fare lo stesso con l'ellisse.

Niente da fare, l'ellisse non si riesce a chiudere, il che implica che la traiettoria ellittica in uno spazio curvo non si chiude mai su se stessa, ma è costretta a "precedere", senza bisogno di essere influenzata da fattori esterni come altri pianeti o cose del genere. Questo effetto di precessione dipende solo e soltanto dalla curvatura dello spazio.

Attenzione: questa è una dimostrazione semplificata che porta con sé parecchie inesattezze al pari di quella che presenta la gravità come un imbuto su di una superficie. Le cose sono più complicate, ma, avendo sempre ben presente che lavorando su una superficie ci dimentichiamo di essere in uno spaziotempo a quattro dimensioni, può essere accettabile da un punto di vista concettuale.

 

Nel video che segue (che abbiamo illustrato QUI) possiamo ammirare una margherita disegnata, grazie al moto di precessione, dalla danza di una stella intorno a Sagittarius A*

 

4 commenti

  1. Guido

    Buongiorno, ho avuto l'onore di assistere in prima persona all'anteprima della esemplificazione pratica che qui Enzo propone, di grande efficacia dal punto di vista intuitivo.

  2. Eh sì, caro Guido... bei momenti...

  3. Frank

    Ahahahahah, Enzone il prestigiatore.

    C'ero anche io alla prova magica ma a me Enzo l'ha dovuta spiegare mentre Guido c'è arrivato da solo. Diavolo di un geologo.

Lascia un commento

*

:wink: :twisted: :roll: :oops: :mrgreen: :lol: :idea: :evil: :cry: :arrow: :?: :-| :-x :-o :-P :-D :-? :) :( :!: 8-O 8)

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.