17/05/23

APRENDO IL VASO DI PANDORA*

Einstein, il James Webb Space Telescope e l'ammasso galattico Pandora stretti in una collaborazione davvero trasversale e multietnica.......

La gran quantità di galassie osservate nell’ammasso censito con il numero 2744 nell’elenco di Abell a tal punto ha impressionato gli astronomi da indurli a utilizzare un nome alternativo e meno arido della codifica catalogativa ufficiale: “ammasso Pandora”, evocazione dell’antico mito ellenico riferito da Esiodo, in due versioni tra loro molto simili, nella Teogonia e nelle Opere e i giorni.

L’ammasso Pandora, situato nella costellazione meridionale dello Sculptor, comprende diverse centinaia di galassie fra loro legate gravitazionalmente; un affascinante coacervo di materia che, a causa della sua grande distanza (red shift stimato in 0.308), presenta all’occhio del telescopio un panorama risalente a circa 3.98 miliardi di anni fa.

L’enorme concentrazione di massa rappresenta un affascinante spettacolo per l’osservatore che si lasci catturare dalla profondità dell’immagine, ottenuta dall’Hubble Space Telescope tra l’ottobre 2009 e il novembre 2013 con un’esposizione di ben 67 ore (fig. 1).

Fig. 1. Immagine risultato della composizione di riprese effettuate dall’Hubble Space Telescope nel visibile e nel vicino infrarosso con gli strumenti ACS (Advanced Camera Survey) e WFC3 (Wide Field Camera 3) tra il 2009 e il 2013. Fonte: NASA, ESA, e J. Lotz, M. Mountain, A. Koekemoer, e HFF Team (STScI).

L’immagine, il massimo risultato ottenibile con le ottiche a bordo di Hubble, in realtà copre solo una frazione dell’estensione dell’ammasso e in particolare il settore centrale. Il James Webb Space Telescope ancora una volta ha colto l’eredità di Hubble e spinto oltre lo sguardo, sia in profondità che in ampiezza (fig. 2).

Fig. 2. Immagine dell’ammasso Pandora ottenuta dal JWST con lo strumento NIRCam componendo riprese effettuate il 2 e il 15 novembre 2022. La sorgente luminosa con la tipica figura di diffrazione composta da 6 raggi leggermente a destra del centro dell’immagine è una stella appartenente alla Via Lattea, gli altri oggetti sono extragalattici. Il riquadro delimita il settore ripreso da Hubble per ottenere l'immagine di fig. 1. Fonte: NASA, ESA, CSA, Ivo Labbe (Swinburne), Rachel Bezanson (Università di Pittsburgh). Elaborazione dell’immagine: Alyssa Pagan (STScI).

I colori sono stati assegnati sulla base dei filtri utilizzati in acquisizione, che restituiscono immagini in scala di grigi, in particolare:

filtro F115W, banda passante 1,013 – 1,282 μm e filtro F150W, banda passante 1,331 – 1,668 μm; colore associato: blu;

filtro F200W, banda passante 1,755 – 2,227 μm e filtro F277W, banda passante 2,423 – 3,132 μm; colore associato verde;

filtro F356W, banda passante 3,135 – 3,981 μm e filtro F444W, banda passante 3,881 – 4,982 μm, colore associato: rosso.

Le galassie dell’ammasso Pandora appaiono nell’immagine come nucleoli bianchi circondati da un esteso alone lattiginoso e campeggiano circondate da un affollatissimo pullulare di altre galassie, molte notevolmente arrossate. Il conteggio effettuato ha enumerato oltre 50.000 emittenti nel vicino infrarosso, alcune mai censite nei cataloghi celesti.

L’immagine di Webb evidenzia lo spettacolare effetto di “lente gravitazionale” previsto dalla relatività generale e reso possibile dalla gigantesca concentrazione di massa costituita dall’ammasso Pandora che distorce ma soprattutto amplifica la luce proveniente dagli oggetti situati dietro l’ammasso e più lontani, permettendo alle capacità ottiche di Webb di migliorare ulteriormente quanto già magnificato dalla lente gravitazionale (affascinante considerare come una "centenaria" teoria speculativa, un effetto naturale non noto all'epoca ma da essa previsto e uno strumento costruito un secolo dopo concorrano a generare un’immagine che a sua volta schiude abissi di inconosciuto).

L’immagine è stata scrupolosamente indagata e più di un suo segreto è affiorato.

In particolare le analisi si sono concentrate su alcuni settori dell’immagine, dove l’effetto della lente gravitazionale rende rilevabili agli strumenti di Webb centinaia di galassie altrimenti troppo lontane e dove la distorsione dello spazio-tempo ne deforma l’aspetto rendendole simili a segmenti incurvati (fig. 2a).

Fig. 2a. A sinistra: ingrandimento del settore dell’immagine restituita da Webb, delimitato dal riquadro giallo (a destra). E’ molto evidente l’effetto distorsivo di stiramento ed incurvatura, conseguenza dell'effetto di lente gravitazionale causato dal gruppo di galassie di Pandora (globuli bianchi) sulla radiazione proveniente dalle galassie più lontane (segmenti rossastri).

Tra gli addensamenti apparenti di oggetti molto deboli individuati da Hubble cui è stato attribuito un elevato redshift fotometrico (z attorno ad 8, valore basato sulla valutazione della luminosità della sorgente passante attraverso un filtro colorato) un gruppo di ricercatori (Morishita T., Roberts-Borsani G. et al. 2023)1 ha rideterminato il redshift tramite le rilevazioni effettuate da Webb con lo spettrografo NIRSpec (Near Infrared Spectrograph, descritto QUI), confermando un comune valore di redshift (z=7.88) per 7 delle galassie distanti riprese da Hubble.

La rilevazione spettrografica tramite NIRSpec ha permesso una determinazione “robusta” del valore di redshift, confermando quindi che l’addensamento delle 7 galassie non è solo apparente e conseguenza di un effetto prospettico ma che è anche reale.

Fig. 3. L’immagine pubblicata il 24 aprile 2023 sul sito del JWST, ripresa da Morishita T., Roberts-Borsani G. et al. 2023. Nei riquadri a destra gli ingrandimenti delle 7 galassie con redshift z=7.88. L’immagine è il risultato della composizione delle riprese effettuate con lo strumento NIRCam, in basso sono riportati gli accoppiamenti colore-filtro usati per assegnare i livelli cromatici alle riprese infrarosse. Fonte NASA, ESA, CSA, Takahiro Morishita (IPAC). Elaborazione dell’immagine Alyssa Pagan (STScI).

L’elevato valore di redshift cosmologico ha condotto a situare l’ammasso ad appena 650 milioni di anni dopo il Big Bang, un vero e proprio proto-ammasso, un embrione di ciò che crescerà fino a divenire un vero grande ammasso con centinaia, forse migliaia di galassie.

Lo studio indica anche un valore dimensionale per il proto-ammasso: le 7 galassie sono confinate entro un raggio di circa 60 kpc, valore ottenuto dopo aver applicato la correzione dovuta all’effetto della lente gravitazionale di Abell 2744 (fig. 4).

Fig. 4. Proiezione bidimensionale della posizione delle 7 galassie del proto-ammasso. Ciascun cerchietto colorato indica una delle 7 galassie, il colore indica il relativo valore di redshift secondo la scala cromatica nell’angolo a destra. Fonte (Morishita T., Roberts-Borsani G. et al. 2023).

I dati ottenuti con NIRSpec hanno permesso, per la prima volta, di ipotizzare anche un valore della velocità di dispersione di un proto-ammasso a così elevato redshift: 1100 km/s con una tolleranza di 200 km/s, valore comunque da ritenersi indicativo per una serie di assunzioni fatte nel calcolo, come avvisano gli autori stessi.

E’ stato stimato anche il limite inferiore della massa totale del proto-ammasso: 4 x 1011 masse solari, da cui è stato poi ottenuto il suo limite inferiore a z=0. Proiettato nel tempo attuale il proto-ammasso dovrebbe arrivare a non meno di circa 2.2 x 1015 masse solari, comparabile alla massa stimata per l’ammasso della Chioma, uno dei più grandi raggruppamenti galattici noti (fig. 5).

Fig. 5. Un ampio settore del gigantesco ammasso galattico della Chioma (Abell 1656), ripreso da Hubble. L’ammasso occupa un volume sferico di diametro appena superiore a 20 milioni di anni-luce e contiene migliaia di galassie gravitazionalmente legate fra loro. Fonte: NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA).

Ma senza il penetrante sguardo di Webb, senza la teoria stravagante di un certo Einstein e senza l’ammasso Pandora, questo antichissimo proto-ammasso sarebbe rimasto nascosto nel profondo cosmo infrarosso.

A margine segnalo che al link https://webbtelescope.org/images/zoomable-pandoras-cluster è possibile immergersi nelle profondità dell’immagine dell’ammasso Pandora ripreso da Webb e riportato in fig. 2, sfruttando l’opzione di “zoom”.

 

1) https://iopscience.iop.org/article/10.3847/2041-8213/acb99e

8 commenti

  1. Maurizio Bernardi

    Grazie Guido !  Affascinante è la parola giusta, appena appena.

  2. Alberto Salvagno

    Dunque, se ben ricordo, Andromeda dista dalla nostra Via Lattea 2,5 milioni di anni luce. In un diametro di 20 milioni di a. l. ci starebbero solo 8 galassie. Non riesco a immaginare una densità di migliaia di galassie, come in Chioma, tutte contenute in una sfera, appunto, con un diametro di soli 20 milioni di a. l.
    Si tratta di galassiette? O stanno tutte appiccicate una all'altra?

    Volume sfera Chioma circa 4x10^21 anni luce al cubo. Volume sfera Via Lattea circa 4x10^14. In realtà, di appoggiate una all'altra, ce ne starebbero 10^7, cioè 10 milioni di galassie come la nostra. O sbaglio i conti? Se fossero solo mille, ognuna avrebbe a disposizione circa 10^18 al^3. Potrebbero essere distanti una dall'altra circa 1 milione di al, 20 galassie lungo il diametro. Sempre se non sbaglio i conti.

    Comunque un bel cielo stellato anche per gli astronauti intergalattici.

    Premo "invia" ? È mezzanotte. Farò un'ennesima figuraccia?

  3. caro Albertone,

    mi sembra che anche con i tuoi conti viene fuori un numero di galassie (che non sono proprio sfere, ma piattelli) estremamente elevato. Un confronto con noi e Andromeda non è corretto, dato che siamo in un super ammasso ed è come se volessimo confrontare un ammasso stellare aperto con uno chiuso... Fidati di Webb... ci stanno, ci stanno...

  4. Sandro

    Buonasera. A proposito dell'effetto "lente gravitazionale"  vorrei porre una domanda: per produrre tale effetto così come appare nelle foto, è sufficiente il calcolo attraverso la materia visibile o è necessario un supplemento?

    Grazie

  5. Caro Sandro,

    cosa intendi per "supplemento"? La materia oscura?

  6. Sandro

    Esatto Enzo. Avevo letto da più parti che era necessaria la sua presenza (materia oscura) per poter soddisfare la previsione di Einstein attraverso la Relatività Generale, riguardo appunto all'effetto lente. O ci sono spiegazioni più soddisfacenti?

    Grazie

     

  7. caro Sandro,

    soprattutto quando la lente è un ammasso galattico non è facile calcolare la sua massa totale. E' facile che si sottostimi ed ecco, allora, pronto il "prezzemolo": aggiungiamo materia oscura per far tornare i conti... Oggi, stanno formandosi idee meno "ad hoc" della materia oscura e ne sapremo di più quando le masse saranno calcolate in modo molto più preciso... Per oggetti singoli, se si conosce bene la massa, l'effetto lente è perfetto.

    Se vuoi, troverai vari articoli sull'effetto lente nella sezione a lei dedicata...

    http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/effetto-lente-gravitazionale/

     

  8. Sandro

    Grazie Enzo. Anche io non sono mai stato un tifoso della materia oscura. Attendiamo novità. Intanti mi leggo qualche tuo articolo in proposito.

Lascia un commento

*

:wink: :twisted: :roll: :oops: :mrgreen: :lol: :idea: :evil: :cry: :arrow: :?: :-| :-x :-o :-P :-D :-? :) :( :!: 8-O 8)

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.