29/08/15

Come costruire una ciambella cosmica ***

Il disco di accrescimento di un buco nero galattico si spinge normalmente molto vicino all’orizzonte degli eventi e presenta una luminosità crescente verso la zona più interna dove le particelle vengono accelerate sempre più. Ne consegue che la componente di luce ultravioletta, la più energetica nell’intervallo vicino a quello visibile, non deve certo essere trascurabile… Come mai, invece, il quasar più vicino a noi mostra una netta carenza di radiazione ultravioletta? Probabilmente solo perché due “pasticceri” stanno costruendo una gigantesca … ciambella.

Semplifichiamo di molto la complessità di un modello che sembra confermare lo strano risultato ottenuto proprio sul quasar più vicino a noi, il Markarian 231, a poco più di 600 milioni di anni luce.

Abbiamo già conosciuto ciambelle con un foro più o meno grande tra i dischi di accrescimento dei buchi neri centrali in piena attività. In quel caso tutto dipendeva dal fatto che il buco nero ruotasse o no, e con lui lo spazio circostante, oltre che dalla direzione di provenienza della materia che andava formando il disco. Per sollecitare la memoria posso dirvi che sto parlando dei buchi neri di Kerr e di quelli statici, di ergosfera e cose affini (QUI).

Nel caso in esame, invece, la ciambella ha veramente un foro enorme, non spiegabile solo con la rotazione di un singolo buco nero. Il buco della ciambella non si può certo vedere direttamente, ma attraverso lo spettro della luce che giunge dal disco di accrescimento. In modo alquanto strano esso presenta un netto abbassamento della luce ultravioletta, quella che dovrebbe stare più vicina al buco nero vero e proprio. La Fig. 1 mostra schematicamente quanto osservato e il confronto con un quasar “normale” che, anzi, tende a brillare di più a basse lunghezze d’onda.

Questa immagine è una elaborazione semplificata di una figura del testo originario. In nero l’andamento dello spettro di un buco nero singolo; in rosso quello osservato per Markarian 231.
Figura 1. Questa immagine è una elaborazione semplificata di una figura del testo originario. In nero l’andamento dello spettro di un buco nero singolo; in rosso quello osservato per Markarian 231.

La spiegazione sembra possa essere una sola: il buco nero non è singolo, ma è accompagnato da un fratello minore che gli orbita attorno e che nel suo moto rotatorio “pulisce” una parte considerevole del buco centrale, trasformando il disco di accrescimento generale in una ciambella con un buco fuori da ogni norma di … "pasticceria". Sulla base delle osservazioni è stato costruito un modello molto sofisticato che tiene anche conto dei mini-dischi di accrescimento che i due buchi neri continuano a possedere molto vicini a loro e di come questi possano nutrirsi direttamente da quello totale più esterno. Meglio di tante parole vale la Fig. 2 dove si vede il modello proposto e che evidenzia la perdita di luce ultravioletta nella zona spazzata dalla coppia così unita. Essa non è totale, dato che i mini-dischi ne emettono una certa quantità.

Immagine presa direttamente dall’articolo originario.
Figura 2. Immagine presa direttamente dall’articolo originario.

La Fig. 3 dà una visione artistica della situazione prevista per un buco nero singolo e per la nostra coppia.

L’immagine in basso ha come fonte lo Space Telescope Science Institute, Baltimore, Maryland; quella in alto è una mia “brutale” elaborazione…
Figura 3. L’immagine in basso ha come fonte lo Space Telescope Science Institute, Baltimore, Maryland; quella in alto è una mia “brutale” elaborazione…

Se il modello fosse giusto (simula benissimo il risultato finale) l’osservazione UV dei quasar potrebbe evidenziare molto bene la presenza di una coppia di buchi neri. Un ulteriore conforto a questa possibilità viene dal fatto che Markarian 231 risulta essere stato “scosso” da un urto contro un’altra galassia più piccola, a causa della forma irregolare e da qualche "strascico" tipicamente legato a forze di marea (Fig. 4).

Markarian 231 ripreso da Hubble. Fonte: NASA, ESA, the Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration, e A. Evans (University of Virginia)
Figura 4. Markarian 231 ripreso da Hubble. Fonte: NASA, ESA, the Hubble Heritage (STScI/AURA)-ESA/Hubble Collaboration, e A. Evans (University of Virginia)

Subire collisioni e unioni vuole anche dire facilmente che i due buchi neri si devono affrontare prima o poi. La lotta non durerà molto, dato che il momento angolare si riduce a causa della “frizione” con la materia e di altri processi. Prima o poi si uniranno (il tempo non dovrebbe superare il milione di anni) e daranno luogo a un mega-quasar luminosissimo e probabilmente con un’emissione normale di raggi UV.

Peccato non avere ancora dispositivi all’altezza della situazione, dato che un fenomeno del genere è perfetto per produrre onde gravitazionali.

Qualche dato sul sistema binario… i buchi neri avrebbero masse di 150 e 4 volte quella del Sole (niente di veramente spaventoso) e un periodo di rotazione pari a 1.2 anni terrestri. Nessuno dei due (compresi i mini dischi) occuperebbe il proprio lobo di Roche e quindi le reciproche interazioni, che complicherebbero la situazione, sono evitate.

Articolo originario QUI

QUI, invece, abbiamo un “piccolo” buco nero che orbita intorno ad un altro gigantesco e provoca un picco di luminosità quando ne attraversa il disco di accrescimento

NEWS
RILEVATE  LE ONDE GRAVITAZIONALI GENERATE DALL’UNIONE DI DUE BUCHI NERI

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