02/01/22

Il telescopio spaziale Webb (2): gli obiettivi scientifici **

Continuiamo con la descrizione del telescopio spaziale Webb. Questa volta è il turno dei suoi obiettivi scientifici principali.

Gli scopi del telescopio Webb si possono riassumere in quattro punti fondamentali. Ne approfitteremo per un veloce riassunto di cose già note, ma che non fa mai male richiamare . I più esperti mi scusino, ma la nuova era scientifica che nasce con il telescopio Webb ha bisogno di basarsi su alcuni punti essenziali che vanno evidenziati perfettamente.

(1) Studio delle prime luci dell'Universo: la reionizzazione.

La prima luce dell'Universo è il Rumore Cosmico di Fondo, un flash di luce risalente a circa 380 000 dopo il Big Bang. I nuclei atomici dell'idrogeno e dell'elio (e anche un po' di litio) riescono finalmente a "catturare" gli elettroni e a trasformarsi in atomi stabili. Ciò permette ai fotoni che erano rimasti intrappolati nel caos primordiale, di essere liberi di viaggiare nell'Universo. E' una fase, temporalmente molto breve, la cui luce  viene oggi catturata attraverso le microonde.

Poi è calato nuovamente il buio, dato che gli atomi stabili non producono più fotoni. Inizia la fase oscura dell'Universo, la fase che in qualche modo nasconde la nascita delle prime stelle e galassie. La materia inizia ad agglomerarsi in strutture sempre più grandi. Stanno nascendo i primi corpi "autonomi" dell'Universo, capaci di smuovere gli elettroni dal loro torpore, metterli nuovamente in azione e permettere la costruzione dei fotoni, i messaggeri della luce.  Attorno a questi centri di nuova vitalità vi è ancora moltissima materia allo stato gassoso che non ne permette una visione nitida, dato che  le radiazioni fanno molta fatica ad attraversare una nebbia così densa. Comunque, le prime stelle iniziano a trasformarsi esplodendo a ritmo incalzante: un nuovo aiuto nel fare scomparire la nebbia dall'apparenza impenetrabile ed accendere sempre nuove luci.

Anche la materia evolve, dato che le stelle esplose hanno anche regalato nuovi elementi ben più pesanti dell'idrogeno e dell'elio primordiali. Questa lenta riaccensione della luce è sicuramente una delle fasi fondamentali per capire l'inizio del Cosmo che vediamo oggi e comprendere i vari meccanismi che hanno permesso la nascita stellare, l'agglomerarsi in galassie e in ammassi galattici. Una fase difficile da "vedere", proprio per mancanza di "luce" sufficiente.

Siamo nell’epoca della reionizzazione, sicuramente una delle fasi più importanti, se non la più importante, per capire e quantificare l’evoluzione dell’universo. "Vedere" cosa capita in questa  fase, significa comprendere quando, come e su che scale di tempo le prime stelle e galassie si siano formate.  Osservare tutto ciò significa viaggiare indietro nel tempo in un periodo in cui la difficoltà non sta solo nel catturare la luce emessa in tempi sempre più lontani da noi, ma anche cercare di penetrare in un uno spazio sempre più opaco, in cui le fiammate di luce sono sempre più nascoste. Un cammino  a ritroso molto difficile, per percorrere il quale non bastano telescopi sempre più grandi, capaci di raccogliere luce: bisogna anche guardare la luce giusta.

Attenzione, però... vi è una differenza fondamentale rispetto alla fase buia che ha caratterizzato la nascita delle particelle elementari e dei nuclei atomici subito dopo il Big Bang. In quel periodo i fotoni non potevano uscire dal caos e quindi non possono essere visti assolutamente (e mai potremo riuscirci). In altre parole, la luce non è stata emessa. Nella fase oscura della reionizzazione, invece, la luce si crea e viene emessa, ma ha grandi difficoltà a uscire al di fuori delle zone di produzione.

La luce ha ora libertà di movimento e in certe lunghezze d'onda non ha problemi ad attraversare le nubi che vorrebbero nasconderla. Queste lunghezze d'onda sono proprio quelle dell'infrarosso. I nostri occhi non le vedono, ma mettendosi gli occhiali giusti tutto diventa molto più "chiaro". Tuttavia - ripetiamolo ancora- la luce riesce ad attraversare le nubi opache che circondano le prime sorgenti luminose, ma più si va indietro nel tempo e più le luci sono poche e deboli e la nebbia più fitta. Guadagnare qualche decina di milioni di anni è impresa non da poco e Webb è nato soprattutto per riuscire in questa faticosa marcia indietro, simile a quella che dovremmo fare su una strada in cui la nebbia si fa sempre più fitta. Non pensiamo, perciò, che il telescopio Webb sia solo più grande di Hubble, ma pensiamo che i suoi occhiali speciali riusciranno in un'impresa apparentemente di breve intervallo temporale (un paio di centinaia di milioni di anni), ma terribilmente difficile da leggere.

Non il Big Bang, quindi, ma la nascita delle prime creature dell'Universo, quelle che ci appaiono nella loro magnificenza in una notte serena. E non è, certo, cosa da poco...

Non basta, però... le difficoltà sono anche di altro genere, come pure i "vantaggi". L'Universo ha continuato e continua ad espandersi. Il che implica che le lunghezze d'onda della luce emessa da un certo oggetto si sono spostate verso lunghezze d'onda maggiori. Ne è un esempio la radiazione di fondo, che è ancora rintracciabile solo nelle microonde. Lo stesso capita anche nella fase di reionizzazione. Le lunghezze d'onda si allungano e ciò che è partita come radiazione visibile, ad esempio, è oggi raccolta come luce infrarossa. La luce infrarossa ha quindi un'importanza duplice: da un lato è quella che meglio attraversa le nubi di gas più dense, ma, dall'altro, è anche quella, in cui si può raccogliere, oggi, l'informazione  partita con lunghezze d'onda più corte, riuscite ad attraversare una nebbia sempre meno densa. Insomma, nell'infrarosso si può vedere non solo molto meglio attraverso le nubi, ma anche raccogliere la luce partita nel visibile e nell'ultravioletto. Ovviamente, il tutto "scalato" su periodi di tempo diversi, all'interno della fase di reionizzazione.

Ciò che Webb riuscirà a studiare come mai nessuno prima d'ora. Fonte: STSci

Qualcuno potrebbe dire: "Sì, ma già adesso si sono viste e studiate galassie veramente antiche, ossia primigenie, nate nella fase oscura". Avrebbe sicuramente ragione, ma queste osservazioni subiscono delle restrizioni e degli effetti di selezioni intollerabili. Mi spiego meglio... Immaginiamo che un alieno sia arrivato sulla Terra proprio nello stadio di atletica di Tokyo, durante la finale olimpica dei 100 metri piani. "Mamma mia", direbbe, "gli uomini della Terra sono velocissimi!" e se ne andrebbe con questa convinzione.

Non penserebbe nemmeno che se prendesse un milione di terrestri e li facesse correre insieme a Jacobs (tanto per fare un nome a caso) vedrebbe un ammasso di tartarughe staccate inesorabilmente da una sola lepre. Lo stesso che capita per ciò che siamo riusciti a vedere oggi della fase di reionizzazione. Siamo riusciti a catturare immagini delle "peculiarità" dell'Universo in formazione. Eventi particolarmente luminosi, capaci di emettere e di rendere visibile la loro luce anche se spostata verso il rosso, oppure in cui la luce infrarossa che è giunta a noi è particolarmente intensa, tale da essere scoperta con telescopi "modesti" come il grande Hubble.

Agendo così, capiremmo, realmente, come sono nate e come si sono evolute le strutture "normali"? No, perché abbiamo visto la finale dei 100 metri e non una normale corsetta o passeggiata della grande moltitudine degli abitanti della Terra. In altre parole, Webb ci permetterà di vedere la "normalità" e non l'eccezione. Su questo punto i media non vanno molto a fondo, benché sia uno dei concetti più importanti.

(2) Formazione delle galassie

Ben venga la visibilità delle prime luci, ma è altrettanto fondamentale capire come le stelle e le stesse galassie primitive si siano rapidamente unite tra loro e abbiano formato quelle fantastiche creature che popolano il cielo osservato da Hubble. Sappiamo già che le galassie più giovani erano decisamente più piccole e meno luminose di quelle che vediamo oggi nell'Universo vicino. Webb ci permetterà, probabilmente, di assistere alle prime fasi evolutive delle galassie e di come esse abbiano cercato di unirsi tra loro per crescere ed assumere le forme oggi più comuni. Ciò è avvenuto proprio nella fase di reionizzazione e in quelle immediatamente successive. Webb cercherà di descriverne la storia e quantificarla, un po' come seguire la crescita nelle fasi più importanti di un bimbo, dalla sua nascita, alla sua giovinezza fino alla maturità. L'adolescenza è sempre una fase fondamentale per capire il futuro di un individuo e lo stesso capita per le creature più grandiose dell'Universo, le galassie. Il video che segue, ovviamente della NASA, illustra le fasi di crescita concitate delle piccole e giovani galassie. Un filmato che Webb potrebbe rendere molto più realistico.

(3) Stelle nascenti e sistemi planetari

Le stelle nascono dentro le "uova" stellari. In altre parole, esse diventano creature capaci di produrre energia e controbilanciare la gravità, in un ambiente protetto da sguardi indiscreti. In fondo, è la stessa cosa che fanno tutte le creature terrestri: la privacy è fondamentale in certi momenti della propria vita. Tuttavia, così come per seguire la salute di un neonato si utilizza, ormai, l'ecografia, così la voglia di conoscere ha spinto la ricerca a penetrare all'interno delle uova cosmiche e seguire l'evoluzione degli embrioni stellari. Nuovamente è cosa non facile, ma i raggi infrarossi ci vengono in aiuto. Abbiamo già visto che essi riescono ad attraversare anche i "gusci" più spessi. Se pensiamo a come Hubble sia riuscito a vedere attraverso e dentro "i pilastri della creazione"

I "pilastri della creazione" nella nebulosa dell'Aquila, ripresi nel visibile e nell'infrarosso da Hubble

e all'interno delle "montagne mistiche"

Le "montagne mistiche" nella nebulosa della Carena, riprese nel visibile e nell'infrarosso da Hubble

non possiamo che restare in trepida attesa di quello che ci mostrerà il Webb, cento volte più potente nel catturare questa radiazione invisibile ai nostri occhi.

Non basta, però... attorno alle stelle in formazione è già presente il disco protoplanetario. Anche le sue prime fasi sono fondamentali per seguire passo dopo passo gli addensamenti di materia che poi diventeranno pianeti.  In questo contesto è anche importante capire se la loro posizione cambia oppure no e con quali modalità. Tutte cose che solo la visione infrarossa riesce a cogliere, dopo aver opportunamente "schermato" la stella centrale, la cui luce ben più violenta renderebbe difficile una visione diretta. In poche parole, Webb ha un coronografo di altissima qualità. Pianeti, ma anche abbondanza dei vari composti soprattutto organici, capaci di dar luogo alla vita biologica nei luoghi e nelle condizioni più favorevoli.

(4) Corpi "freddi" del Sistema Solare

Non solo esopianeti. Sappiamo che i pianeti riflettono la luce del Sole, ma la parte visibile di queste radiazioni non è  preponderante. La maggior parte delle emissioni dei corpi "freddi" avviene nell'infrarosso. Noi siamo limitati dai nostri occhi, ma Webb no, anzi: per lui tutti ciò che si trasmette attraverso lunghezze d'onda più lunghe del visibile è il frutto più pregiato e prelibato. Basta pensare al fatto che la gran parte della luce che il nostro pianeta riceve dal Sole viene riemessa come radiazione infrarossa, ossia calore. E questo processo avviene su tutti i corpi planetari. Per Webb il Sistema Solare si renderà ancora più visibile e la scoperta di oggetti transnettuniani, come molte altre caratteristiche dei corpi sia minori che maggiori brilleranno di nuova luce. Le stesse atmosfere dei pianeti maggiori sveleranno molti segreti ancora nascosti. Chissà che non ci sveli strutture ancora nascoste nelle zone più esterne del nostro sistema planetario e -perchè no?- anche la presenza di altri pianeti di massa considerevole.

A questo punto è fondamentale sapere quali occhiali usa il telescopio per analizzare una radiazione così ricca di informazioni.

continua...

 

QUI gli articoli dedicati al funzionamento di questo gioiello della Scienza e della Tecnica, che ci consentirà di approfondire la conoscenza di quell'infinito teatro che chiamiamo Cosmo.

10 commenti

  1. Mario Fiori

    Grazie carissimo Enzo per questo tuo racconto alla scoperta, sempre con il tuo piglio poetico, di questo grande telescopio spaziale.

  2. ciao Mariolino e Buon Anno!

  3. Giorgio

    Grazie Enzo, attendiamo le prossime puntate di una avventura che si spera ricca di novità

  4. sicuramente, caro Giorgio...

  5. Frank

    Intanto la velocità e scesa a 0,34 Km/s ( mach 1), speriamo non occorra dargli una spintarella....

     

  6. stai tranquillo... sanno quello che fanno. Devi arrivare quasi fermo per poi  spingere al momento e nel posto giusto.

  7. Frank

    Finalmente hai risposto ad una delle domande che ho posto sulla parte 1. Ho dovuto abbagliarti con la trasformazione della velocità in mach.... Ahahahaah

  8. Arturo Lorenzo

    Avvincente , Prof !

    Intanto, incredibile ma vero, c'e' chi, per passione, lo ha ripreso da Terra (con un riflettore Newton 300mm di diametro e scatti a lunga posa). Chissa' che non lo si riesca a riprendere anche quando stara' in orbita attorno a L2.

    https://youtu.be/xGMnq_50GDM

  9. Alberto Salvagno

    Perché si esclude la possibilità di andare eventualmente a riparare qualche suo malfunzionamento? Un milione e mezzo di km sono ben poca cosa rispetto alla meta tanto auspicata e decantata di Marte. Quattro volte la distanza della Luna dove già siamo giunti 50 anni fa. Se non un essere umano, almeno un qualche robot appositamente addestrato

  10. I robot fanno molto, ma bisogna verificare, capire, agire. Andare su L2 può anche essere "facile", ma bisogna tornare. E poi sono state fatte tutte le valutazioni del caso e si è visto che è impossibile per ragioni sia tecniche che di spesa...

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