16/06/21

I fossili "capovolti" di Bolca e la bisciabova.

La dotta e preziosa ricerca sull'origine e il significato del nome bisciabova effettuata da Guido sembra oltremodo precisa ed esauriente... ma i pesci fossili di Bolca nei monti Lessini pongono nuovi inquietanti interrogativi!

Particolarmente stimolante è poi il contrasto, nato tra illustri studiosi, sui veri effetti di quella che sembra chiaramente dimostrata come una manifestazione puramente atmosferica. Pur di apparire esageratamente stringati e banali potremmo, comunque, concludere che a un fenomeno simile a un tifone, a una tromba d'aria o d'acqua sia stato associato un nome che privilegi l'analogia con il torcersi e il sibilare della biscia. Tutto sembrerebbe molto semplice e darebbe la giusta luce e considerazione a un termine purtroppo ormai obsoleto che sembra vivere ancora e a fatica solo nel dialetto romagnolo.

Tutto sembrerebbe risolto... anche l'accostamento che in tale territorio si continua a fare con un vero serpente di grandi dimensioni nato dalla fantasia delle nonne e delle mamme per indurre i bimbi, troppo agitati e irrequieti, alla calma, attraverso la minaccia della comparsa di un mostro spaventoso. Da manifestazione naturale devastante ad animale fantasioso con caratteristiche  più facilmente interpretabile dai fanciulli. "Stai attento che arriva la tromba marina!" avrebbe sicuramente meno effetto che dire "Stai attento che arriva il serpente mangiabambini!".

Insomma, niente di speciale... se non esistessero i pesci fossili di Bolca nei monti Lessini!

Una storia, risalente a circa 50 milioni di anni fa, cambierebbe le carte in tavola e potrebbe invertire i ruoli tra tromba d'aria e mostruoso serpente. Non più l'accostamento di un animale terrorizzante a un fenomeno naturale, bensì un fenomeno naturale da accostare a una creatura realmente esistita.

Cercherò di essere più preciso, avvalendomi oltre che delle scarse fonti e delle incerte ricerche effettuate negli ultimi decenni, dei recenti risultati  della rivoluzionaria campagna di scavo e studio eseguita dal gruppo diretto dal paleontologo George K. Geofish, dell'Università di Fairytale, robusto candidato al prossimo Nobel per le Scienze Naturali.

La Pesciara di Bolca è un ricchissimo giacimento fossilifero, da cui si sono estratti migliaia di pesci. Le sue rocce calcaree sono espressione di un'antica laguna tropicale dell'Eocene, di circa 48 milioni di anni fa, popolata da flora e fauna marina anche di grandi dimensioni come testimoniano scheletri di squalo perfettamente conservati. (N.B.: Ne approfitto per invitare tutti a visitare il Museo locale che mostra i più perfetti esempi di fossili marini di tutto il mondo).

Da un punto di vista di vista geologico potremmo dire che il giacimento corrisponde a un grosso olistolite calcareo immerso in un deposito di tufite, crollato in tempi successivi. Ma, lascio ovviamente a Guido le caratteristiche più specifiche e mi limito a una rappresentazione estremamente divulgativa e semplificata.  L'area di Bolca e della Lessinia era ancora occupata dalle lagune tropicali, con profondità non superiori a pochi metri. Nei calcari lastriformi della Pesciara sono contenuti numerosi pesci alternati a strati sterili, in cinque livelli, per uno spessore complessivo di 19 metri. Va, infatti, notato che l'attività vulcanica era notevole e periodica, tale da intervallare a strati contenenti fossili, strati lavici più o meno spessi.

Tuttavia,  la vera peculiarità degli strati fossili di Bolca sta nel loro orientamento. In parole molto banalizzate, essi dovrebbero essere relativi a depositi successivi e quindi disposti a strati paralleli rispetto al fondale delle lagune. Invece, essi appaiono ribaltati, ossia, in qualche modo, sistemati in modo ortogonale, senza che vi sia alcuna prova di capovolgimenti geologici nella suddetta zona. Anche se in modo estremamente banale, possiamo dire che i fossili sembrano essere stati "sparati" contro le pareti, che poi si sono  piegate  a causa del crollo, e non depositati sui fondali. Le analisi del Prof. Geofish si sono avvalse della rivoluzionaria tecnica basata sull'osteomagnetismo per risalire alla configurazione geometrica iniziale dei fossili.

Torniamo al nome Bisciabova e alla sua etimologia. Biscia  rispetta il significato odierno, ossia quello di serpe. Bova, invece, fa pensare al bue, al bovino. Come già detto, nella tradizione romagnola a quel fenomeno atmosferico si dava perciò un nome essenzialmente legato al mondo animale, anche se di pura "fantasia". Ma ne siamo sicuri? Un serpentone lungo fino a dieci metri, capace di ingoiare un bue (bova) intero è realmente una "favola" capace di fare la sua comparsa anche nelle cronache locali? Una favola, quindi, o una specie di misteriosa presenza "vista" realmente?

Andiamo, allora, più a fondo delle caratteristiche di questo mitico serpente come si evidenziano dai racconti, tralasciando per il momento l'ovvia idea che si tratti solo di una costruzione della mente umana. Tale enorme serpe viveva di preferenza nel delta del Po e si arrotolava nel fondo di profondi pozzi che diventavano la sua tana. Al serpe si attribuiva la capacità di ingoiare soprattutto pesci, anche di grandi dimensioni, che succhiava sputando letteralmente le parti più dure come lo scheletro e/o le cartilagini. Che negli avvertimenti delle mamme e delle nonne venissero sostituiti i "bambini cattivi" ai pesci non cambia il meccanismo di deglutizione, tipico di tale mostro.

Come ricordato da Anselmo Calvetti, studioso di tradizioni popolari, in diverse culture, l'iniziazione di giovani avveniva attraverso il loro passaggio in un simulacro, dal quale uscivano come uomini nuovi. Questo simulacro altro non era che il mitico serpente e poco importa se dopo la cattura i corpi delle vittime erano solo scheletri. Il concetto base era qualcosa che inghiottiva e che risputava, proprio come capita durante una tromba d'aria. Non ci si stupisce, perciò, se al mitico serpente era anche associata la capacità di provocare le tempeste. Ed ecco che, trascurando la mitica presenza dell'animale bisciabova, si è poi associato questo nome agli effetti causati dal loro pasto.

Ed è così che con il termine bisciabova si indica in molti dialetti il turbine e il caos che lo stesso mostro creava, attraverso il suo risucchio primo, e lo "sputo" violento, poi. Anche il termine "bova" oltre che alle dimensioni delle sue prede potrebbe far risalire al sincretismo fra serpenti signori delle acque e i bovini sacri al dio della tempesta, comune a mitologie asiatiche e mesopotamiche, nonché greche. Serpenti giganteschi muniti anche di corna sono illustrati fra i Celti e i Galli.

Non restava, allora, che cercare resti di giganteschi serpenti risalenti all'epoca immediatamente successiva all'estinzione di massa del Cretaceo-Terziario. L'unica specie conosciuta è il Titanoboa, di cui però si sono rinvenuti i fossili soltanto di un suo "piccolo" discendente, il Titanoboa cerrejonensis (Head et al., 2009), tipico dell'America Meridionale, che poteva raggiungere i 20 metri di lunghezza e i tre metri di diametro massimo nella sua parte centrale. Un mostro che fa letteralmente sparire l'attuale Anaconda che si deve accontentare, al massimo, di circa sei metri di lunghezza e 30 centimetri di diametro massimo.

Anche se alcune caratteristiche lo diversificano dal suo lontano parente, l'anaconda potrebbe rappresentare l'ultimo esemplare della famiglia dei grandi boidi ancora vivente. Sì, ma... in America Latina! Torniamo allora alle nostre paludi padane. La scarsità d'acqua e la mancanza di foreste ad alto fusto avevano sicuramente favorito lo sviluppo di rettili privi di gambe, capaci di mimetizzarsi negli strati di fango e di scavare lunghe gallerie per spostarsi non visti dalle prede. Prede che, viste le dimensioni, non avevano limiti. Si pensa che sarebbero stati in grado di attaccare, stritolare e ingoiare letteralmente anche un carnivoro come il Tirannosauro, se fossero vissuti nella stessa epoca. Muoversi solo strisciando era per lui un obbligo fisico.

Il cibo preferito erano gli squali e i coccodrilli marini che risucchiava letteralmente, sputandone l'intero scheletro quasi intatto, ma non tralasciava  qualsiasi altra creatura di più piccola taglia. Un serpente sputatore che poteva sicuramente superare le dimensioni del Titanoboa cerrejonensis e aggirarsi perfino intorno ai 30 metri di lunghezza, con un peso di decine parecchie tonnellate.

A questo punto, sorvolando perfino sulla stretta assonanza tra "bova" e "boa", vediamo di ricostruire la storia dei Lessini e della sua fauna antica, attenendoci alle ricerche del prof. Geofish. Gli stagni di circa 50 milioni di anni fa erano popolati da questi immensi serpenti, capaci di emettere sibili e correnti d'aria spaventosi ogni qual volta si liberavano delle parti ossee delle loro prede. Questi resti venivano letteralmente lanciati contro le pareti delle alture circostanti, come sarebbe successo alla Pesciara di Bolca. Tuttavia, col passare dei millenni e col sollevamento delle alture e l'erosione degli agenti atmosferici questi strati "verticali" di fossili "sputati" sarebbero scomparsi, mentre la Pesciara rappresenterebbe un "unicum" in quanto il suo crollo e il suo ribaltamento di circa 90 gradi l'avrebbe trasformata apparentemente in un deposito facilmente preservabile, sotto i depositi susseguenti. In altre parole, un anomala stratificazione ortogonale alla pianura lagunare, regno incontrastato della Bisciaboa (permettetemi di usare boa al posto di bova per meglio riferirci all'animale originale), si è trasformata, a causa di un "fortunato" crollo, in un terreno che a prima vista aveva tutte le caratteristiche dei depositi marini. Un doppio ribaltamento, uno dovuto alla tecnica digestiva del serpente e uno dovuto alla fattura rovinosa ci ha permesso di leggere una storia geologica e paleontologica veramente stupefacente.

Ovviamente, cercare oggi le vecchie tane di questi mostri, che forse hanno ancora piccoli pronipoti come le tradizioni padane testimoniano (bisce con dimensioni fino ai cinque metri non sono infrequenti anche se prive di vere testimonianza fotografiche di origine certa), è opera quasi impossibile. Tuttavia, come accennato dallo stesso prof. Geofish vi è un luogo molto particolare nei monti Lessini, che ha poco o niente a che vedere con fenomeni carsici, ma che mostra un profondissimo buco nella roccia, dalle forma quasi perfettamente circolare: il buso del Valon, nei pressi Cima Trappola.

Grazie a un comune amico paleontologo, il Dott. Poisson ho avuto accesso all'ultimo lavoro del Prof. Geofish e colleghi, dove si identificano particolari segni e strisce nella roccia del "Buso", dalla caratteristica oltremodo regolare, che potrebbe indicarne un origine non geologica, come si nota bene nella foto che segue.

Mia figlia ed io andremo proprio a visitare quell'enorme caverna verticale, da dove le leggende dei monti dicono di sentire uscire, a volte, sibili e sbuffi spaventosi, anche in assenza di temporali o colpi di vento. E' ancora in uso il detto (tradotto in italiano): "Se il buso fischia... chi esce rischia". Sicuramente sono dovuti a echi legati alla morfologia del luogo, ma non posso nemmeno trascurare  il fatto che sempre più spesso si notano strane scomparse tra le mucche che popolano i tranquilli e pacifici prati dei Monti Lessini. Insomma, cari amici, non vorrei avere un incontro ravvicinato con una fiaba da fanciulli e ogni tanto penso alla bisciaboa ... (ops... dicono che sia soltanto un "cervone gigante") uccisa, imbalsamata e ora esposta in un museo appositamente costruito nel villaggio di Nagyrada, che sorge sulle sponde di vaste paludi, nei pressi del Lago Balaton (vedi immagine che segue).

 

La ricerca di tracce della bisciabova continua in Val Gargassa

5 commenti

  1. Alberto Salvagno

    Mah! Concedimi un bel po' di scetticismo. Di interpretazioni presto smontate ne è piena l'archeologia, la paleoantropologia, la geologia... Comunque articolo intrigante

  2. Daniela

    Credi sia un caso, Alberto, che questo articolo sia catalogato tra i racconti di Vin-Census? E poi... ti sembra possibile che esista davvero un prof. Geofish dell'Università di Fairytale? :mrgreen:

  3. Daniela

    ...e che dire del prof. Poisson (omologo francese dell'inglese Geofish)? :wink:

  4. Alberto Salvagno

    Ci sono cascato, lo ammetto :-)

  5. Daniela

    :lol: :lol: :lol:

    Non te la prendere, Alberto... se vuole e se ha voglia di divertirsi, Enzone sa raccontare balle in modo molto convincente!

    Pensa che un suo articoletto scherzoso di molti anni fa, scritto per fare due risate con alcuni amici, è all'origine di una leggenda che compare addirittura in un libro http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2017/04/25/la-vera-storia-vin-census-9-timorasso-lorigine-un-nome-avvolto-nel-mistero/

    Per non parlare della volta in cui, nonostante fosse chiaro lo scherzo e continuasse a ripetere che aveva scherzato, alcuni lettori si ostinavano a prenderlo sul serio http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2017/01/27/la-vera-storia-di-vin-census-4-come-spezzare-la-nefasta-catena-dellalcol/

    Il fatto che tu ci sia cascato farà molto piacere al prof. che, a quanto pare, non è "arrugginito" come pensa di essere.

    P.S. Un bell'esempio di bufala costruita a tavolino (solo per dimostrare quanto sia facile costruire bufale a tavolino) è questo http://www.infinitoteatrodelcosmo.it/2016/08/02/i-racconti-di-vin-census-una-scusa-tardiva/

Lascia un commento

*

:wink: :twisted: :roll: :oops: :mrgreen: :lol: :idea: :evil: :cry: :arrow: :?: :-| :-x :-o :-P :-D :-? :) :( :!: 8-O 8)

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.