09/02/17

Raccontiamo i corpi planetari.5: Rhea e un'imitazione incerta.

Questo articolo è stato inserito nella sezione d'archivio "Raccontiamo i corpi planetari", compresa in "Sistema Solare"

 

Dopo una lunga e colpevole pausa ricominciamo con la descrizione dei satelliti dei pianeti per mostrare quanta importanza possano avere, malgrado le loro dimensioni siano spesso risibili rispetto a quelle dei pianeti veri e propri. Questa volta parliamo di Rea, il secondo satellite per dimensioni (dopo Titano) del sistema di Saturno. Un satellite apparentemente “banale”, ma che  vorrebbe imitare i giganti.

Rea è di poco più grande dei suoi “fratellini”, ma, comunque, con i suoi 1500 km di diametro si piazza al secondo posto per dimensioni dopo il “gigante” Titano, di ben altro interesse sia astronomico che… biologico.

Possiamo dire che esso rappresenta un perfetto esempio di un oggetto che segua le regole dei fluidi. Se fosse un asteroide, sarebbe sicuramente considerato un pianeta nano, come Cerere . Tuttavia,  questa conclusione ha avuto una storia molto travagliata che possiamo riassumere brevemente.

La sua densità è risultata di 1.24 g/cm3. L’ipotesi iniziale faceva pensare a un nucleo roccioso interno e, quindi, a una struttura differenziata.  Le osservazioni di Cassini, però, stabilirono la possibilità di un corpo omogeneo, fatto di puro ghiaccio, con la parte centrale compressa (e quindi a maggiore densità). Tutto bene? No… altre osservazioni mostrarono che alcuni coefficienti legati al momento angolare portavano a un corpo differenziato e non in equilibrio. Tuttavia, questo risultato sembrò, più tardi, essere dovuto a un errore sistematico presente nei dati doppler di Cassini. In un modo o nell’altro, si riuscì a riconciliare i vari dati e concludere che si è quasi sicuramente di fronte a un corpo omogeneo di ghiaccio in equilibrio idrostatico con una zona centrale di ghiaccio molto compresso. Per adesso, almeno… Bisognerebbe fare un bello scavo interno per esserne sicuri, ma direi che possiamo accettare con buona sicurezza l’ultima versione.

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La superficie di Rea non differisce molto da quella di Dione, con nette differenze tra l’emisfero che avanza e quello che segue. Il primo, più chiaro, è molto craterizzato; il secondo, più scuro, ha meno segni di impatti, ed è probabilmente ricoperto da materiale eruttato dai vulcani primordiali, quando anche Rea possedeva un interno liquido. Insomma, non c’è molto da dire e Rea sembrerebbe essere privo di caratteristiche peculiari. Un satellite né carne né pesce, che non parrebbe volersi mettere in evidenza.

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Però, però… vi è ancora una grande incertezza riguardo a un primato che lo renderebbe unico tra tutti i satelliti. Una caratteristica che lo mostrerebbe sotto una veste ben diversa: altro che satellite modesto, anonimo e privo di scatti di personalità… lui vuole -forse-  competere, nientepopodimeno,  che con il suo grande papà, Saturno, ed essere circondato da anelli!

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Visione artistica (e accentuata) degli anelli di Rea.  Fonte: NASA/JPL/JHUAPL

La faccenda è estremamente interessante e merita qualche parola in più. Le osservazioni fondamentali sono state effettuate dietro al satellite, dove Cassini è in “ombra” rispetto al campo magnetico di Saturno, ossia dove il plasma di elettroni viene bloccato dal satellite (una specie di eclissi del campo magnetico).

Nel caso di  Teti (in basso, nella figura che segue), si nota un brusca e rapida caduta del flusso, come è prevedibile per una superficie dai contorni netti.

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Ben diversa è la situazione osservata per Rea (in alto). Il flusso ha una caduta e una riemersione graduale, simile a quella che si nota su Encelado, dovuta alla presenza del gas emesso dai suoi geyser. In parole povere, si nota una turbolenza nel plasma. In particolare, si notano dei picchi di caduta prima e dopo l’immersione nell’ombra del campo magnetico. Questa situazione potrebbe spiegarsi piuttosto bene con un sistema di anelli composti da piccoli blocchi di ghiaccio, fino a dimensioni di un metro.  Si nota anche una non perfetta simmetria che escluderebbe orbite circolari. Insomma, un bel puzzle.

Altra nota interessante è che la zona in cui si vedono questi picchi è all’interno della sfera di Hill di Rea, ossia dove la gravità del satellite domina completamente su quella di Saturno. In altre parole, la zona in cui degli anelli potrebbero essere stabili .

Quale sarebbe la loro origine? Beh… più di una.  Ad esempio, la “polvere” sollevata da un violento impatto e trattenuta in orbita, oppure la cattura di un piccolo corpo vagante, distrutto successivamente. Il tutto sembrerebbe piuttosto stabile (sempre che ci sia un qualche “pastore” - meglio chiamarlo “pastorello” - che li tenga confinati, come accade per l’anello F). In ogni modo, ci si dovrebbe aspettare una lenta caduta di materiale nella zona equatoriale di Rhea.

Proviamo ad andare a vedere da vicino (Cassini si è spinto fino a 70 km dalla  superficie!). Dapprima abbiamo una immagine di Rhea in cui l’equatore si può notare benissimo, segnato dalla sottile linea nera orizzontale (i chiari e gli scuri sono stati artefatti per avere un maggiore contrasto).

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Ancora più suggestiva, un’immagine ravvicinata, in cui Cassini sta sorvolando l’equatore e vede chiaramente la sommità dei bordi dei crateri coperti da una specie di neve più bianca, possibile segno della caduta di materia quasi  immacolata dagli anelli.

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Perfetto, magnifico! Un satellite con gli anelli… anche Rea è un oggetto di primo piano e ha ottenuto un primato eccezionale.

Purtroppo, Rea è proprio il satellite del… dubbio. Per confermare la presenza degli anelli, si sono effettuate riprese nella posizione giusta per evidenziarli su un fondo scurissimo e con l’illuminazione solare esatta. Una lunga esposizione (100 sec) ha dato, però, un risultato negativo. Sono troppo deboli oppure i detriti che li formano sono troppo grossi per come è stata predisposta la ripresa (adatta a qualcosa di più polveroso)? Oppure non ci sono proprio?

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Purtroppo, il dubbio rimane, anche se quella linea equatoriale richiede una risposta adeguata…

Infine, ricordiamo che Rea presenta una tenue esosfera, composta di anidride carbonica e ossigeno. Ricordiamo che per esosfera si intende una distribuzione di molecole estremamente bassa, tale che siano praticamente impossibili le collisioni mutue. Sulla Terra, infatti, essa rappresenta la parte più esterna dell'atmosfera. L’origine dell’ossigeno si deve probabilmente alle particelle cariche della magnetosfera di Saturno che impattano la superficie e lo liberano dal ghiaccio presente su di essa.

Bene… salutiamo il piccolo-grande Rea e continuiamo a tenerci i dubbi, facendo, però, il tifo per gli anelli…

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Un sorvolo a bassissima quota... Cassini ci sa fare!

 

La serie completa degli articoli sui corpi planetari la trovate QUI

5 commenti

  1. Mario Fiori

    Cavolo Enzo, scusa l'espressione, così piccolo e forse...anellato. Un bel equilibrio per un oggetto così modesto (?)e pure i possibili cagnolini che gli guardano le pecore. Sarebbe fantastico ma dopo Cassini? Qualcosa da studiare e da inviare con una maggiore possibilità? Purtroppo la vedo dura, abbiamo da pensare ad altro sulla Terra.

  2. caro Mario,

    io tendo a crederci, ma temo che Rea non si possa certo sognare una qualche missione... dobbiamo andare a vivere su Marte e costruire gli alberghi sulla Luna... sempre cercando alieni con i robottini... :cry:

  3. Alberto Salvagno

    Mi sono subito chiesto se si trattava di ghiaccio d'acqua, vista la densità, o di qualche altro tipo di composto.
    Wikipedia mi ha risposto così: "Rea è un corpo ghiacciato con una densità di circa 1,24 g/cm³. Questa bassa densità indica che è composta da ~25% di roccia (densità 3,25 g/cm³) e il 75% di ghiaccio d'acqua (densità 0,93 g/cm³)"
    Comunque sia, anche se tu dici che "le osservazioni di Cassini, però, stabilirono la possibilità di un corpo omogeneo, fatto di puro ghiaccio, con la parte centrale compressa (e quindi a maggiore densità)", resta per me la sorpresa della presenza di così tanta acqua nel sistema solare, comete comprese.

    Si sa in quale fase dell'evoluzione delle nubi interstellari l'ossigeno arriva a combinarsi con l'idrogeno? Cioè si conosce una tempistica precisa per cui magari si forma prima il metano, poi l'acqua è così via, sulla base delle temperature e densità delle nubi?

  4. In attesa di poter riprendere a scrivere (incrociamo le dita) eccoti un  link che può in gran parte risponderti:

    https://www.agi.it/scienza/news/2021-04-09/studio-su-storia-acqua-nel-cosmo-12105150/

    Riguardo alle derivate delle funzioni "classiche" ho visto che non le avevo ricavate... Sarà uno dei primi articoli del prossimo futuro!

  5. Alberto Salvagno

    Caro Vincenzo siamo fregati, questa storia dell'acqua io e te non la sapremo mai. Potremmo aspirare a un 2030, ma al 2040 mi sembra dura, anche se diceva un papa che non bisogna mai porre limiti alla divina provvidenza. Infatti dice l'articolo che:

    In futuro, il team intende continuare a studiare l’acqua nel cosmo, specialmente nei sistemi planetari in formazione. Ma ci sarà da attendere: il prossimo telescopio spaziale simile a Herschel non sarà lanciato prima del 2040. C'era la possibilità che un ‘telescopio dedicato all’acqua’ sarebbe andato nello spazio intorno al 2030, ma il progetto è stato annullato.

    Amen!

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