12/04/21

Sir Arthur Stanley EDDINGTON

Questo articolo, inserito in "Quattro passi nella storia della Scienza" e "Einstein ha sempre ragione (o quasi)!", farà parte di una nuova sezione d'archivio dedicata ai Relativisti, ovvero agli studiosi che hanno fornito contributi fondamentali, diretti o indiretti, all'architettura del pensiero relativistico.

 

Se penso ad una “persona giusta nel posto giusto al momento giusto”, non mi viene in mente esempio migliore del prof. Eddington che, alle Isole Principe il 29 maggio del 1919, offrì ad Einstein su un piatto d’argento la prima prova sperimentale della Relatività Generale, fotografando alcune stelle che facevano capolino accanto al Sole durante quella che sarebbe diventata l’eclissi più celebre della storia della Scienza.

Ma presentare la figura di Sir Arthur Stanley Eddington in questo modo, sarebbe decisamente riduttivo.

Se egli, infatti, si trovò nel posto giusto al momento giusto, non fu per caso né, come viene a volte affermato con grande superficialità, solo per ottenere una proroga all’esenzione dal servizio militare (ottenuta per meriti scientifici): fu il suo percorso di vita e di Scienza (iniziato da bambino quando, affascinato dal cielo notturno, si ostinava a contare le stelle) a rendere inevitabile la sua presenza in quel preciso luogo, in quel preciso momento.

Ed è una fortuna che il suo “integralismo religioso” (era un quacchero convinto e praticante) lo abbia obbligato all’obiezione di coscienza: chissà cosa avremmo perso in termini di progresso scientifico se la sua vita si fosse persa nell’idiozia della guerra. Una cosa, comunque, è certa… eclissi o non eclissi, lui in guerra non ci sarebbe andato, preferendo di gran lunga le patrie galere!

Ma diamo un’occhiata ad una versione molto sintetica del suo curriculum vitae…

Rimasto orfano di padre a due anni, crebbe in ristrettezze economiche con la madre e la sorella. L’unico modo, quindi, per ambire a frequentare corsi di studio superiori era quello di conseguire risultati scolastici eccellenti per farsi assegnare borse di studio. E così fece. Non possiamo sapere se fu frutto di un suo disegno preordinato o del caso, resta il fatto che a soli sedici anni fu ammesso all’Università di Manchester (ai tempi si chiamava Owens College) grazie ad una borsa di studio che gli venne concessa dalla Brynmelyn School per avere eccelso in tutte le materie, in particolar modo in matematica e letteratura inglese.

Dopo un primo anno preparatorio, scelse il corso di studi in Fisica e, a soli venti anni, si laureò con lode. “Obbligatoria” la borsa di studio che gli permise di accedere al prestigioso Trinity College di Cambridge, dove si distinse a tal punto da diventare il primo studente in assoluto a ricevere il riconoscimento di Senior Wrangler (miglior studente in matematica all’Università di Cambridge) quando ancora frequentava il secondo anno.

Oltre ad essere un grande fisico, quindi, eccelleva in matematica: dote assai rara, ora come allora, e prerogativa che, insieme ad altre circostanze, fece di lui il predestinato a trovarsi alle Isole Principe in quel 29 maggio del 1919.

Ma deve scorrere ancora tanta acqua sotto il ponte dei Sospiri di Cambridge prima del fatale incontro tra Eddington e la Relatività…

La sua carriera professionale fu a dir poco folgorante: nel 1906 assunse la prestigiosa direzione dell’Osservatorio Reale di Greenwich e la mantenne fino al 1913, anno in cui tornò a Cambridge per rimanerci per tutta la vita: a soli 31 anni, infatti, succedette a George Darwin (figlio di Charles) nel ruolo di Professore Plumiano di Astronomia e Filosofia sperimentale (carica che viene assegnata a vita: dal 1706 ad oggi è stata assunta da soli sedici eminenti scienziati, Eddington è stato il nono) e l’anno seguente divenne direttore dell’Osservatorio di Cambridge.

Il primo importante contributo alla ricerca lo dette, poco dopo il suo arrivo a Greenwich, con una dettagliata analisi della parallasse dell’asteroide 433 Eros; analisi che aveva iniziato anni prima, quando era appena diciottenne. Il valore aggiunto di tale analisi fu lo sviluppo di un nuovo metodo statistico per il calcolo della parallasse, basato sul moto apparente di due stelle sullo sfondo. Questo studio gli fruttò il premio Smith, che veniva assegnato ogni anno a due ricercatori: il migliore in Fisica e il migliore in Matematica. Nel 1907 fu assegnato soltanto a lui. Ma, cosa ancor più importante, quella ricerca gli consentì di affinare la tecnica delle lastre fotografiche (con le quali aveva immortalato l’asteroide e le stelle) a fini astrometrici… altra tessera del puzzle che si sarebbe ricomposto alle isole Principe in quel 29 maggio del 1919.

Una curiosità: Eddington non poteva neanche immaginarlo (o forse sì?), ma 433 Eros è stato il primo asteroide sul quale, nel 2001, è stata fatta atterrare una sonda. Era la NEAR Shoemaker, intitolata alla memoria di Eugene Shoemaker, geologo statunitense noto per essere uno dei fondatori delle Scienze planetarie, nonché co-scopritore della cometa Shoemaker-Levy (la cui distruzione ad opera delle forze mareali poco prima della collisione con Giove, fu prevista e osservata in diretta nel 1994) e compagno di convegni e di bevute di un altro, da noi ben conosciuto, planetologo di fama internazionale. A domanda diretta sulla NEAR Shoemaker, il nostro planetologo ha risposto "E' stata una missione importante e ha dato il via all'interesse per gli asteroidi relativamente alle nuove missioni spaziali. Oltretutto è servita molto per le strategie da utilizzare nel mettere oggetti in orbita attorno a piccoli corpi. Diciamo che forse si poteva anche ottenere di più, ma il rammarico è non essere arrivati prima della NASA, visto che l'ESA ci aveva addirittura finanziato uno studio preliminare per una missione simile. Ma secondo l'ASI non eravamo ancora pronti... peccato!"

 

Ma andiamo a cercare le tessere mancanti per completare il puzzle.

In quanto segretario della Royal Astronomical Society, Eddington era il primo a ricevere le lettere scritte da Willem de Sitter sulla teoria della Relatività Generale che, dopo avere finalmente trovato la sua infrastruttura matematica, necessitava di prove sperimentali per poter essere presentata alla Comunità scientifica come alternativa credibile alla newtoniana Legge di Gravitazione Universale.

Ed è qui che le raffinate competenze matematiche di Eddington, abbinate ad una profonda conoscenza delle leggi fisiche, fanno la differenza, consentendogli di comprendere la validità di quella teoria visionaria e facendo di lui uno dei suoi più accaniti e convinti sostenitori. Oltretutto, la precessione del perielio di Mercurio, spiegabile con le leggi di Newton solo inserendo massa mancante tra Mercurio e il Sole (mai osservata, nonostante le “certezze” di Le Verrier), era in perfetto accordo con le equazioni della Relatività.

'Indipendentemente dal fatto che la teoria si dimostrerà alla fine corretta oppure no - dichiarò Eddington - essa merita attenzione perché rappresenta uno degli esempi più belli della potenza insita nel ragionamento matematico'.

Per non parlare del suo innato pacifismo e della sua vocazione internazionalista che gli consentirono di abbattere le forti barriere ideologiche dell’ambiente scientifico anglofono, fortemente ostile a tutto ciò che proveniva da oltremanica, figuriamoci dalla Germania (siamo in piena prima guerra mondiale…). Certo è, tuttavia, che se non avesse già goduto di grande credibilità e prestigio in quell’ambiente, mai avrebbe potuto esporsi così tanto senza rischiare di mettere a repentaglio la propria futura carriera professionale.

Insomma, il destino stava staccando il biglietto di Eddington per lo spettacolo che sarebbe andato in onda alle Isole Principe in quel 29 maggio del 1919.

E’ lì, infatti, che si sarebbe verificata un’eclissi totale di Sole (particolarmente favorevole per la lunga durata e per la quantità di stelle coperte dal Sole), durante la quale egli avrebbe potuto immortalare su lastre fotografiche la posizione di alcune stelle appartenenti all’ammasso delle Iadi “spostate” dal campo gravitazionale del Sole rispetto alla loro abituale posizione osservata da Terra.

Che la luce delle stelle sarebbe stata deviata, nessuno lo metteva in dubbio: anche la gravitazione newtoniana lo prevedeva (i calcoli li fece Soldner nel 1801), ma la deflessione prevista da Einstein era doppia. Ed è ciò che Eddington era certo di riuscire a dimostrare con le sue foto durante l’eclissi. Sempre che un giudice prima (colui che doveva autorizzare la proroga dell’esenzione dal servizio militare) e le condizioni meteorologiche poi, glielo avessero concesso…

Glielo concessero.

Delle sedici lastre impressionate, soltanto sei mostravano le stelle che interessavano agli scienziati; fra queste sei lastre, soltanto in due le stelle erano presenti in numero sufficiente per ottenere risultati apprezzabili delle misure dello scarto rispetto all’ipotesi newtoniana.

Dopo mesi di verifiche e misurazioni di quello che è stato il primo effetto lente gravitazionale documentato, il 6 novembre 1919, davanti ad una sala gremita di scienziati presso la Royal Society, Eddington in persona dette l’annuncio ufficiale che la Teoria della Relatività Generale era stata verificata sperimentalmente: lo spazio era deformato dalla massa nella misura prevista, e la luce era costretta a seguirne la curvatura.

Una pagina del lavoro originale di Eddington, Dyson e Davidson presentato alla Royal Society il 6/11/1919: si mostra il semplice e fondamentale grafico degli scostamenti di alcune stelle in funzione della distanza dal Sole, con la linea teorica di Einstein confrontata con quella prevista da Newton. Un documento che fa commuovere!

Poco importa che si nutrisse qualche dubbio sull’accuratezza delle misurazioni, data la tecnologia disponibile all’epoca e le difficili condizioni in cui vennero effettuate. La svolta epocale era avvenuta ed è facile percepirla nelle parole dell’astrofisica Cecilia Payne, allora studentessa diciannovenne a Cambridge: “I risultati comportarono una completa trasformazione nel mio modo di percepire il mondo: lo sconvolgimento fu tale da farmi provare qualcosa di simile ad un esaurimento nervoso”.

Da quel giorno Albert Einstein divenne una star internazionale, ovunque andasse trovava bagni di folla festante ad accoglierlo. Nonostante quasi nessuno comprendesse a fondo la sua teoria (neanche tra gli scienziati), quasi tutti, dal più erudito al più umile, compresero che si trattava di un enorme passo avanti nella strada del progresso scientifico. Il suo innato carisma e la sua infinita ironia, fecero il resto.

Ma torniamo al nostro Eddington.

Come era naturale che accadesse, il suo connubio con la Relatività non si concluse con l’osservazione delle stelline durante l’eclissi, ma divenne una fedele compagna di vita.

Oltre a contribuire all’approfondimento delle implicazioni della teoria, alle quali neanche il suo ideatore aveva pensato (per esempio l’espansione dell’Universo, ipotizzata dal suo alunno Georges Lemaître), ipotizzò che la fusione dell’idrogeno in elio fosse la fonte dell’energia stellare, inserendo la celebre formula sull’equivalenza tra massa ed energia E=mc2 nell’ambito delle sue ricerche sulla costituzione interna delle stelle. Un’ipotesi decisamente azzardata e visionaria, quasi quanto quella della Relatività. Ma aveva ragione lui.

Pochi anni dopo (nel 1924), proseguendo su questo filone di ricerca, fu sempre lui a scoprire la relazione tra massa e luminosità delle stelle e a stabilire quello che tutt’oggi chiamiamo il Limite di Eddington, ovvero la massima luminosità raggiungibile da un corpo in equilibrio idrostatico, per esempio una stella in cui la pressione di radiazione che tende a farla espandere è bilanciata dalla forza di gravità che tende a farla comprimere.

Chissà quante volte, nel corso della sua vita, Eddington ha ripensato a quell’eclissi, alla paura di vedere vanificati anni di impegno per colpa delle nuvole, al sollievo di vederle diradarsi all’ultimo momento quando ormai chiunque avrebbe perso la speranza. Ma lui no, lui non poteva permettersi di perdere la speranza. E’ per questo che, nonostante tutto sembrasse andare storto, rimase imperterrito al suo posto, pronto ad impressionare le lastre non appena le nuvole glielo avessero permesso…

“La pioggia smise di cadere a mezzogiorno; verso l’una e mezza cominciammo a scorgere alcuni sprazzi di Sole. Non avevamo scelta: scattammo le fotografie alla cieca. Io stesso non riuscii a vedere l’eclissi perché ero troppo indaffarato a cambiare le lastre fotografiche; diedi giusto un’occhiata all’inizio, per assicurarmi che fosse incominciata, e un’altra a metà, per vedere quante nuvole ci fossero ancora, effettivamente. Riuscimmo a scattare complessivamente sedici fotografie: in tutte, il disco solare si vede piuttosto bene, ma una nuvola ha interferito con le immagini delle stelle. Le ultime mi sembrano essere le più promettenti per ottenere ciò che ci serve”

Quindi nemmeno la vide quell’eclissi che, grazie anche a lui, cambiò la storia della Scienza. Ma se, con gli opportuni accorgimenti per difendere gli occhi, avesse potuto osservarla, è questo lo spettacolo a cui avrebbe assistito…

 

Foto dell’eclissi del 1919 restaurata da Petr Horálek (ESO Photo Ambassador, Institute of Physics in Opava) and Miloslav Druckmüller (Brno University of Technology).

 

...mi piace pensare che lo avrebbe osservato in silenzio, con occhi umidi di emozione.

 

Eddington dimostrò la deflessione della luce nel 1919, ma bisogna arrivare al 1964 per calcolare il tempo che impiega a percorrere un tratto di spaziotempo curvato da una massa: si tratta del ritardo di Shapiro e ne parliamo QUI.

5 commenti

  1. Eh sì... cari amici, scrive bene Daniela: poteva essere Piazzi prima di NEAR, ma noi italiani ci arriviamo sempre dopo. C'erano clienti più importanti che dovevano essere soddisfatti dall'ASI... E sarebbe costata molto meno di tanti fallimenti posteriori...

  2. Guido

    Splendido Daniela. L'ho apprezzato davvero molto.

  3. alberto salvagno

    Certo che anche lui... ci avrebbe potuto risparmiare un bel po' di apprensione se avesse scelto un punto di osservazione dverso. Lo sanno tutti che le isole sono state sempre individuate e scoperte per la presenza costante di nuvole sopra di loro :-)

  4. Daniela

    Che ci vuoi fare Alberto... sempre con la testa fra le nuvole questi scienziati (compresi quelli di nostra conoscenza)!  :mrgreen:

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