05/03/18

L'INFINITO TEATRO DEI BUCHI NERI (2): Come tutto ha (forse) avuto inizio

Questo articolo è stato inserito nella serie "L'Infinito Teatro dei Buchi Neri", che raccoglie in modo organico gli articoli più significativi sull'argomento.

 

La volta scorsa abbiamo visto quanta importanza rivestano i buchi neri galattici nel regolare il flusso delle nascite stellari, ma come si sono formati i loro "colleghi" primordiali? Mangiando tanto in un giovane Universo molto più denso di materia di quanto non sia oggi? Tramite fusione di buchi neri più piccoli formatisi dopo le esplosioni delle prime stelle dotate di grande massa e vita breve? Oppure grazie ad un processo di collasso gravitazionale diretto, senza bisogno di aspettare le supernove... parliamo di quelle che sono le ipotesi più accreditate, riproponendo articoli già presenti sulle pagine di questo blog.Daniela

 

 

I BUCHI NERI GALATTICI NON PARTONO DA ZERO

(25/5/2016)

Un gruppo italiano ha, forse, rilevato, attraverso Chandra, due possibili “semi” per futuri buchi neri galattici. Potrebbe essere la soluzione di un problema non ancora risolto: crescono in fretta o partono già ben pasciuti?

Il succo del discorso è molto semplice. Ormai sappiamo  bene che moltissime galassie possiedono un buco nero al loro centro. Buco nero, sì, ma di massa ben diversa da quelli di origine stellare. In quest’ultimo caso si parla, al più, di decine di volte la massa del Sole, mentre per i mostri galattici si arriva a miliardi di volte.

Uno potrebbe dire: “L’Universo ha avuto tempo per far crescere questi cuccioli…”. All’inizio le stelle giganti erano tante, si trasformavano in fretta in buchi neri ed essi si univano tra loro, permettendo di raggiungere masse incredibili.  Teoricamente qualcosa di plausibile, così come i grani infinitesimi di materia riescono a creare pianeti, anche giganti, nel giro di pochi milioni di anni.

Tuttavia, le cose sembravano essere veramente eccessive. Le osservazioni di galassie già formate, dopo meno di un miliardo di anni dal Big Bang, possiedono al loro interno buchi neri già spaventosamente grandi (per esempio questo) E’ veramente difficile accettare una crescita così rapida a partire da buchi neri stellari. Ovviamente, molti hanno tirato in ballo il prezzemolo-materia oscura che, in qualche modo, favorirebbe la crescita di questi cuccioli, smaniosi di dominare gli edifici più grandi dell’Universo.

Vi era, però, un’altra possibilità. La materia era molto più concentrata durante il primo miliardo di anni di vita del Cosmo ed enormi nubi di gas potevano collassare direttamente in oggetti mostruosi senza nemmeno passare dalla fase stellare. Buchi neri formatisi direttamente per collasso gravitazionale.

Si sono creati modelli che simulassero questo scenario e si sono evidenziate delle caratteristiche dello spettro X che avrebbero potuto identificarli tra altre nubi collassanti. Questi buchi neri “quasi-primordiali” avrebbero cominciato a costruirsi prima dei 500 milioni di anni dal Big Bang e durante la nascita delle galassie sarebbero già stati a un buon punto della loro massa (magari hanno proprio funzionato come centro di accumulazione). Da quel momento in poi, hanno potuto crescere a ritmo normale, raggiungendo comunque la massa finale in tempi anche brevi.

In poche parole, tanti piccoli buchi neri devono faticare molto di più per costruirne uno enorme, mentre se si parte da un gigante già costruito, questo avrebbe pochi problemi a ingoiare massa e buchi neri “normali”.

I due oggetti individuati e studiati con Hubble, Spitzer e, ovviamente, Chandra, hanno caratteristiche spettrali molto simili a quelle previste e la massa si aggira intorno alle centomila masse solari ciascuno.

L’immagine centrale mostra uno dei due possibili “semi” di buchi neri supermassicci. Essa è stata ottenuta da Chandra e le sue proprietà nei raggi X confermano molto bene le previsioni del modello costruito dal gruppo italiano. Fonte: NASA/CXC/Scuola Normale Superiore/Pacucci
L’immagine centrale mostra uno dei due possibili “semi” di buchi neri supermassicci. Essa è stata ottenuta da Chandra e le sue proprietà nei raggi X confermano molto bene le previsioni del modello costruito dal gruppo italiano. Fonte: NASA/CXC/Scuola Normale Superiore/Pacucci

E’ troppo presto per gridare “Eureka”, ma un primo passo fondamentale è stato fatto. Ora non resta che cercare meglio e perfezionare i modelli e le conseguenze osservative da verificare sul campo.

In molte ricerche di primo piano ci sono italiani di mezzo, ma, solitamente appartenenti a Istituti stranieri, dove la ricerca di base è ancora considerata qualcosa di importante e necessario. Questa ricerca è, invece, tutta italiana (o quasi). Insegnerà qualcosa? No, non credo… il nostro Governo ha certamente cose molto più "importanti" a cui pensare…

Articolo originale QUI

Una visione artistica che mostra la nascita di un seme di buco nero supermassiccio. Fonte: NASA/CXC/M. Weiss
Una visione artistica che mostra la nascita di un seme di buco nero supermassiccio. Fonte: NASA/CXC/M. Weiss

QUI l'articolo pubblicato il 25/5/2016 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

FACCIAMO CHIAREZZA SUI BUCHI NERI GALATTICI

(26/5/2016)

Sembra che i buchi neri galattici stiano conquistando sempre più un posto di rilievo nella ricerca astronomica, a tal punto che riferire sui nuovi lavori può portare a grande confusione, sia perché si ripetono spesso le stesse cose, cambiando di poco i dati di partenza e/o le strategie descrittive (ma gridando quasi sempre alla scoperta), sia perché si vorrebbero fare nascere in qualche modo, senza limite alla fantasia.

La vera ragione di tutto ciò risiede sicuramente nell’importanza fondamentale che hanno nel governare l’evoluzione delle galassie e non solo, ma anche nella fama ottenuta dallo scontro che ha mostrato finalmente le onde gravitazionali. Come in TV, quando qualcosa fa notizia, tutti si avventano sullo stesso “osso”.

Piuttosto che continuare a scrivere news, preferisco fare il quadro della situazione in modo, magari semplificato, ma sicuramente sufficiente a chiarire le idee.

Essenzialmente i problemi sono due:

(1)  come sono nati i buchi neri galattici

La materia, all’inizio dell’Universo, c’era già ed era facile raggiungere densità tali da comprimere il gas fino a costruire buchi neri di tutte le dimensioni, senza alcun bisogno di far nascere e morire stelle. Il problema era che il gas era troppo caldo e la densità non bastava.

Facciamo un esempio terra-terra. Immaginate di avere 100 soldati perfettamente preparati e ligi ai comandi. Ordinategli di ammassarsi (ammassamento! Era un grido che ben conoscevo…) in un gruppo molto stretto. In pochi secondi ci riuscireste (sempre che abbiate il giusto grado di ufficiale superiore), non volerebbe una mosca e non si muoverebbe un muscolo. I soldati sarebbero freddi abbastanza per essere compressi e diventare un “buco nero”.

Fate lo stesso, adesso, con 100 bambini dell’asilo mentre stanno giocando nel giardino. Potreste urlare a piacimento, ma il gruppo resterebbe comunque in movimento parossistico e arrivereste a sgolarvi senza ottenere un bel niente: i bambini sarebbero troppo caldi, non si concentrerebbero, e non riuscirebbero di certo a formare un “buco nero”.

Ecco, i primi momenti dell’Universo si svolgono a temperature così alte che il gas continuerebbe ad agitarsi senza farsi comprimere a sufficienza. Nemmeno la maestra “gravità” riuscirebbe a ottenere qualcosa.

Si deve aspettare che i bambini-gas si stanchino abbastanza e quando la loro temperatura scende di livello si può tentare di raggrupparli adeguatamente. Ne segue che, dopo la formazione degli atomi e dopo la radiazione cosmica di fondo, saremmo forse ancora in condizione di formare buchi neri considerevoli senza passare attraverso la creazione delle stelle.

Questa ipotesi è proprio quella che abbiamo riportato nell'articolo precedente. Tuttavia, ci sono studiosi che vorrebbero ottenere molto di più. Se la temperatura era troppo alta, si poteva sempre utilizzare del “ghiaccio” speciale che imponesse una gravità sufficiente a far collassare la materia anche in quelle condizioni di movimento impetuoso. Ovviamente il ghiaccio sarebbe la ben nota materia oscura che, come un robot fantascientifico, non risentirebbe della temperatura. Ne basterebbe, però, relativamente poca, quel tanto che basta per creare dei “semi” primitivi capaci di accumulare materia normale e far nascere buchi neri di qualsiasi dimensione.

Insomma, una via di mezzo: la materia oscura “vera” serve per innescare il processo e poi la materia oscura “finta” (ossia la materia normale) si accumula sui semi per formare buchi neri primordiali. Questi sarebbero buchi neri veramente primordiali, mentre quelli discussi precedentemente sarebbero quasi-primordiali.

Ovviamente, guardando nella radiazione di fondo, soprattutto quella X e quella infrarossa, si sono già trovate indicazioni che qualcosa del genere avrebbe potuto essere la soluzione tanto agognata. Infatti, i buchi neri primordiali sarebbe neri per definizione (oscuri), ma le loro interazioni con la materia normale la ecciterebbe facendola risplendere in certe lunghezze d’onda (un po’ quello che capita nei dischi di accrescimento al centro delle galassie).

La faccenda diventa molto interessante anche per le onde gravitazionali. Il Cosmo sarebbe pieno di buchi neri vaganti e pronti a colpire. "Materia oscura" come fantasmi sparsi un po’ ovunque. Anche i fantasmi, però si scontrano e, quando questo succede, ecco che rileviamo le onde gravitazionali come quelle di pochi mesi fa!

Tutto molto suggestivo, ma l’idea di buchi neri di 30 masse solari l’uno, al posto della materia oscura, che in fondo sembrava abbastanza inoffensiva (al limite piegava un po’ la luce), non mi tranquillizza tanto. Se un giorno vedessimo un eclisse di Sole non prevista sarebbe ora di preoccuparsi non poco…

A parte gli scherzi, questa è la situazione odierna: un legame che si cerca di creare tra buchi neri primordiali e materia oscura. Personalmente io preferisco l’ipotesi dei buchi neri quasi-primordiali. In fondo anche loro potrebbero non essersi tutti accasati e potrebbero rimanere solitari all’interno degli ammassi galattici e giocare a piegare la luce in modo anomalo.

La galassia di destra succhia materia dalla galassia di sinistra. Le terribile abbuffata mette in moto il motore centrale eda lui parte un terribile vento caldo che blocca ogni nascita stellare. Fontet: Kavli IPMU
la radiazione di fondo infrarossa mostra distribuzioni che potrebbero indicare la presenza di un numero enorme di buchi neri primitivi. Fonte: NASA/JPL-Caltech/A. Kashlinsky (Goddard)

 

(2) Come agiscono all’interno delle galassie

Lasciamo stare i vagabondi del cielo, i fantasmi che stanno quasi assomigliando alle onde di probabilità quantistiche, e occupiamoci dei buchi neri che si sono piazzati al centro delle galassie.

Ne abbiamo letto di tutte e di più, ma alla fine si arriva sempre alla stessa soluzione. Essi rappresentano il motore dell’intera struttura: se funzionano o se non funzionano le cose cambiano drasticamente.

In realtà, il motore sembra agire al contrario di quello delle automobili. Se si ferma, la vita della galassia diventa movimentata e allegra: nascono stelle un po’ ovunque e la galassia si illumina d’azzurro. Se, invece, il motore viaggia a pieni giri, la galassia si blocca e sembra arrossire per la vergogna. La vergogna non è altro che la temperatura del gas che sale troppo e non permette alla materia di accumularsi. I buchi neri riscaldano il gas che cade verso di loro e in parte lo soffiano indietro un po’ dovunque. Una specie di vento stellare (o “buconerale”?).

Qualcosa di simile alle fasi primigenie dell’universo, ma su scale ben più piccole come ordini di grandezza. Inoltre in quei tempi antichi non c’era bisogno di vento buconerale per tenere calda la materia ultra compressa.

Buchi neri galattici come regolatori delle nascite stellari. In linea di massima sembrerebbe funzionare bene e i lavori che “scoprono” questo effetto si moltiplicano (pur dicendo sempre la stessa cosa in modo leggermente diverso).

In realtà, le cose sono un po’ più complesse e articolate. Le galassie si scontrano tra di loro. Un momento magnifico perché il gas delle due galassie si mischia e si addensa. Le migliori condizioni per riprendere una vita attiva. Attenzione, però, la faccenda dura poco, perché i buchi neri hanno nuovamente molto cibo a loro disposizione e fanno in fretta a riattivarsi e a scaldare con il loro “vento” impetuoso l’intera struttura.

La galassia di destra succhia materia dalla galassia di sinistra. Le terribile abbuffata mette in moto il motore centrale eda lui parte un terribile vento caldo che blocca ogni nascita stellare. Fontet: Kavli IPMU
La galassia di destra succhia materia dalla galassia di sinistra. La terribile abbuffata mette in moto il motore centrale e da lui parte un terribile vento caldo che blocca ogni nascita stellare. Fonte: Kavli IPMU

Insomma, i periodi in cui le stelle possono procreare sono abbastanza limitati. “Poche ma buone” sembrano dire i buchi neri delle galassie quiescenti come la nostra.

Tuttavia, il discorso ha anche un risvolto del tutto opposto. Il vento buconerale potrebbe non essere così impetuoso da scaldare la materia, ma potrebbe solo agitarla e favorire scontri e nascite inaspettate.

Riassumendo, possiamo dire senz’altro che i buchi neri galattici rivestono un’importanza fondamentale sia per l’evoluzione della loro casa, sia per gli abitanti che la popolano. Devono poi sempre essere pronti agli incontri che si susseguono costantemente. Data la loro grande importanza strategica è, quindi, fondamentale capire come sono nati, se attraverso un accrescimento post-stellare o se molto prima, magari con l’aiuto della materia oscura.

Bene, abbiamo fatto un po’ di sintesi giocoforza semplificata, ma in questo modo evitiamo di riportare gli innumerevoli articoli, più o meno fantasiosi e/o più o meno ripetitivi, che in questo momento occupano le prime pagine della scienza più mediatica…

Riporto solo qualche link QUI, QUI e QUI

QUI l'articolo pubblicato il 26/5/2016 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

UNA SCOPERTA FONDAMENTALE (FORSE...)

8/7/2016

Non troppo caldo né troppo freddo. Questa frase ci perseguita, soprattutto dopo l’articolo-riflessione sulla Relatività Generale e sui buchi neri galattici. Sembra quasi che ci abbiano sentito… ed ecco una nuova informazione, ancora troppo debole per essere accettata con entusiasmo, ma è la prima volta che osservazioni dirette sembrano confermare una teoria sulla formazione dei motori delle prime galassie, lasciata sempre un po’ in disparte.

Qualcuno potrebbe dire che l’articolo sui buchi neri galattici, sulla loro importanza per l’evoluzione dell’Universo e sulla capacità di poterli descrivere solo attraverso la relatività generale, sia stato scritto proprio come preparazione a quello odierno. Vi assicuro che non è assolutamente vero e al limite posso dire che “sentivo” aria di qualche grossa novità, dopo la serie di articoli sempre più accurati e mirati sulle fasi primordiali dei buchi neri super massicci. Possiamo dare un titolo alternativo a questa scoperta, sperando che sia proprio una vera e solida scoperta (a me piacerebbe moltissimo): collasso diretto.

Torniamo indietro fino all’epoca buia, seguente la radiazione cosmica di fondo. E’ il momento in cui sono necessarie “lampadine” potentissime per diradare la nebbia. Lampadine che non possono essere stellari, come abbiamo appena visto. Sarebbero solo lucciole incapaci di illuminare un Universo che ha voglia di farsi vedere nel suo futuro.

Queste lampadine sono state trovate e sono luminosissimi quasar che aprono la strada con le loro radiazioni ultraviolette alla luce delle stelle. Bellissimo e pienamente condivisibile. Però, rimane un grosso problema: come si sono formate queste lampadine?

Le teorie più accreditate (basate su quello che è successo a partire da qualche centinaio di milioni di anni o pochi miliardi di anni dopo) si basano sull’accrescimento dei buchi neri stellari. All’inizio le stelle erano molto grandi, morivano in fretta e ce n’erano tante (il materiale abbondava) perché allora non pensare che da un piccolo seme iniziale nascesse in fretta un enorme fiore, capace di unirsi ad altri simili a lui e diventare in fretta una massa di milioni di volte quella del Sole, prendendo in mano le redini della propria galassia e dell’intera struttura cosmica generale che cercava di uscire allo scoperto?

Idea ottima… peccato, però, che queste lampadine si sono trovate sempre più vicine al Big Bang. Veramente troppo poco per permettere una crescita così parossistica. E poi c’è, in fondo, un altro problema che incombe su tutto (poco sollevato, in genere). Queste lampadine primordiali sono formate da residui stellari che avrebbero già dovuto formare elementi pesanti. Le osservazioni sono incerte, ma di sicuro le tracce si dovrebbero trovare. In ogni caso, la conclusione sarebbe: è nato prima l’uovo (stella) che non la gallina (il motore galattico o lampadina che dir si voglia).

Cerchiamo di calarci in questa situazione. Le stelle stanno nascendo ed esplodono velocemente. Liberano elementi pesanti e si trasformano in buchi neri che si uniscono tra loro. Possiamo anche inserire un po’ di prezzemolo-materia oscura, ma la storia non regge più di tanto. Le supernove liberano energia e rendono caotica la vita all’interno della galassia in formazione che cerca di formare il suo motore. Per costruirlo ci vuole tempo e condizioni giuste. E il tempo si misura in miliardi di anni o poco meno. No, non ce lo possiamo permettere nemmeno con l’aiuto della materia oscura. La Relatività Generale è in attesa di partire in quarta, ma deve aspettare che il gas e i residui stellari si organizzino.

Sarebbe  meglio formare i nuclei iniziali dei motori cosmici molto prima, già in posizione, già pronti a recuperare materiale ed accrescersi. Si pensava a questa strada da tempo, forse aumentando la materia oscura (si è sempre liberi di aggiungerla tanto non si vede…), ma resisteva sempre il problema che l’accrescimento successivo avrebbe portato tracce di elementi pesanti…e poi, non si faceva altro che spostare il problema: come si creavano i semi, già abbastanza massicci per riuscire a funzionare come motori (a mezzo servizio)?

No, la soluzione mezzo uovo-mezza gallina è un compromesso poco credibile e poco consono alle regole limpide e decise dell’Universo. Forse bastava fare nascere i semi molto prima, quando la densità dell’Universo era altissima. Ma lo era anche la temperatura… Buchi neri primordiali nati direttamente dalla materia che si stava formando. Potevano essere sia piccolissimi, sia molto grandi… forse tutto l’Universo poteva collassare in uno di questi.

Purtroppo di quel periodo abbiamo ben poche informazioni, sempre in attesa di qualcosa che riesca ad attraversare la fase caotica degli elettroni liberi e possa giungere fino a noi (permettendo anche di essere recepita). Tuttavia, anche questa ipotesi si scontra con molti problemi e con le osservazioni del rumore di fondo e non solo.

Una scappatoia di comodo? Creare qualcosa quando niente (per adesso) potrebbe confermarla e trasportarla nella seconda fase dell’Universo, quella che riusciamo a leggere. Nel frattempo i buchi neri-lampadine si trovano sempre più vicini al passaggio da prima fase a seconda fase. Bisogna sveltire il tutto e accettare soluzioni in cui il “misterioso” abbia un ruolo fondamentale.

Non troppo caldo… non troppo freddo.

Ma sì, perché non pensare meglio all’intelligenza dell’Universo e delle sue particelle? Appena usciti dalla fase del via libera ai fotoni e ripiombati nella fase della nebbia, le condizioni del Cosmo sono sicuramente molto particolari. Il gas è già abbastanza freddo per collassare in stelle o non ancora? Forse, le galline si stavano formando senza bisogno di loro, anzi tenendo lontane le uova.

Addensamenti di gas PRIMORDIALE, senza elementi pesanti, cominciano ad addensarsi. La temperatura lo permette, vista la grande densità (la relatività generale comincia a gongolare…), e nel far questo riscaldano ancora di più l’ambiente circostante, inondandolo di radiazioni ultraviolette, capaci di bloccare del tutto le nascite stellari. Galline che non vogliono avere uova tra i piedi (o, meglio, zampe)! Meglio prima formare il cuore e il cervello per gestire le generazioni future.

Sarebbe tutto ovvio, con o senza la materia oscura: i primi buchi neri giganteschi nascono dal collasso diretto di enormi nubi di gas. I processi di frammentazione tipici degli ammassi stellari sono ancora inibiti. E’ un’epoca particolare, breve, ma che potrebbe mettere basi solide per il futuro. Un metodo di costruzione che non sarà più ripetuto, cambiando tutte le condizioni al contorno. Ma, intanto avrebbe accesso le prima lampadine.

Teorie, ancora teorie? Senz’altro, ma ecco spuntare fuori il quasar CR7. Non ha più di un miliardo di anni, ma ha tante cose interessanti da dirci. Il gas della galassia che lo contiene sembra avere la possibilità di cadere tutto nel centro, senza la noiosa interruzione delle nascite stellari. Vi è netta la presenza della riga “Lyman Alpha” dell’idrogeno, ma anche una molto luminosa dell’elio (come si fa a rilevare le presenza di questi elementi? Con la spettroscopia). Anche lui riesce a ionizzarsi. Le condizioni devono essere calde (100 000 °C), troppo calde per formare stelle. Eppure al centro la lampadina risplende. Osserviamola ancora meglio con i più grandi telescopi. Niente, assolutamente niente di più pesante dell’elio

Non gridiamo ancora al miracolo… potrebbe anche essere un ammasso stellare di popolazione III (beh… sarebbe sempre qualcosa…). Staremmo vedendo le prime uova che devono ancora … rompersi. I tempi non tornano tanto, però… Meglio provare con un supercomputer che affronti una situazione mai tentata fino a questo punto. Un modello con tutti i limiti del caso, ma che porta a un rifiuto categorico di un ammasso stellare. No, non si può ottenere una configurazione del genere.

Fermiamoci qui. Il modello potrebbe essere sbagliato, le condizioni non valutate al meglio, la materia oscura potrebbe fare qualche scherzo… Attendiamo ancora di avvicinarci di più al Big Bang e di vedere sempre meglio queste lampadine. Chissà che un nuovo metodo di creazione cosmica non sia da accettare con gioia e meraviglia.  Io ne sarei contentissimo, ma la Scienza non può andare avanti solo con i sentimenti… O, almeno, ha bisogno di ben altre conferme che non le preferenze personali.

Un momento della simulazione al computer del collasso diretto verso un buco nero. Anche se nell’articolo non mi sembra se ne dia particolare evidenza, si dice, comunque, che si notano molto bene i filmenti di materia oscura… Forse è bene mettere le mni avanti per non essere consideratoa una ricerca di serie B (boccaccia mia…). Fonte: Aaron Smith/TACC/UT-Austin
Un momento della simulazione al computer del collasso diretto verso un buco nero. Anche se nell’articolo non mi sembra se ne dia particolare evidenza, si dice, comunque, che si notano molto bene i filamenti di materia oscura… Forse è bene mettere le mani avanti per non essere considerata una ricerca di serie B (boccaccia mia…). Fonte: Aaron Smith/TACC/UT-Austin

L’ho fatta un po’ lunga, lo ammetto, ma vi assicuro che la semplicità dell’evento (tipo un uovo di Colombo… sempre uova sono!) e la possibilità di osservarlo e confermarlo direttamente rende la teoria molto, molto simpatica.

Articolo originale QUI

Abbiamo parlato spesso di quanto l’Universo ami la semplicità, per esempio QUI, QUI e QUI

QUI l'articolo pubblicato l'8/7/2016 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

PICCOLE GALASSIE CRESCONO

(24/1/2017)

L’argomento è stato trattato più volte, con ipotesi alterne del tipo “E’ nato prima l’uovo o la gallina?”. Cosa significhi il nuovo risultato in termini globali è ancora difficile a dirsi, ma sicuramente la costruzione tipo “Lego” sembra funzionare  ed essere stata realmente osservata.

Come si sono costruite le gigantesche galassie simili alla nostra? Una domanda che non ha ancora una risposta definitiva. Il problema più grande è che tornando indietro nel tempo le osservazioni si fanno difficili. Quando le galassie si costruivano, miliardi e miliardi di anni fa, la luce che veniva emessa arriva, da noi, oggi molto debole e spostata verso il rosso.

Senza aggiungere che le fasi di costruzione primigenia avvenivano all’interno di una nebbia veramente fastidiosa (la fase oscura del primo miliardo di anni). Ne consegue che si vedono abbastanza bene solo le galassie già costruite che riescono a farsi notare (QUI la più antica galassia osservata da Hubble, un vero e proprio record, in attesa di Webb…). In particolare, quelle che contengono un buco nero eccezionale, che sta mangiando a crepapelle.  Questo fatto sembra comportare che certe galassie e certi buchi neri sembrano essersi formati molto presto, dando l’idea che non si sia perso troppo tempo a costruirle mattone su mattone, ma in modo forse più drastico e rapido.

Soluzione, questa, particolarmente critica per quanto riguarda i motori centrali. C’è stato il tempo di formare un po’ alla volta i buchi neri supermassicci o sono nati prima loro delle galassie che li ospitano? Ed eccoci all’uovo e alla gallina…

L’ipotesi più plausibile sarebbe quella di andare per piccoli passi, anche se velocizzati. I mattoncini  Lego dovrebbero essere sistemati rapidamente e permettere di costruire in poco tempo le galassie gigantesche. Questo, però, è qualcosa di veramente difficile da osservare. Nei momenti più antichi è già un miracolo vedere le galassie costruite con tanto di super buco nero, figuriamoci se si riescono a vedere i mattoncini Lego che le stanno costruendo.

Insomma, un’ipotesi plausibile, ma difficile da verificare (anche se l’effetto lente gravitazionale previsto dal “solito” Einstein una mano ce la può dare…)

Però, però… se qualcosa funzionava molto bene all’inizio dell’Universo, potrebbe anche succedere in tempi più vicini a noi, anche se con minore frequenza. Nei grandi ammassi galattici si continua a costruire, anche se con tempi diversi. A furia di cercare si è visto che, in ben sette casi, gruppi di galassie nane (da 100 a 1000 volte più piccole della nostra) si stanno muovendo una verso l’altra in modo tale da prevedere una loro unione quasi sicura in tempi non troppo lunghi.

Un’immagine ottenuta dalla SDSS (Sloan Digital Sky Survey) mostra un gruppo di galassie nane che sono sicuramente legate gravitazionalmente tra di loro e stanno concentrandosi verso un unico punto. Ne sono stati trovati altri sei, che potrebbero favorire l’idea che le super galassie si siano formate nell’Universo primordiale attraverso questo lavoro di unione di piccoli mattoni. Fonte: Sloan Digital Sky Survey
Un’immagine ottenuta dalla SDSS (Sloan Digital Sky Survey) mostra un gruppo di galassie nane che sono sicuramente legate gravitazionalmente tra di loro e stanno concentrandosi verso un unico punto. Ne sono stati trovati altri sei, che potrebbero favorire l’idea che le super galassie si siano formate nell’Universo primordiale attraverso questo lavoro di unione di piccoli mattoni. Fonte: Sloan Digital Sky Survey

Attenzione a non confondere questo processo con quello molto comune anche oggi, in cui una galassia gigante cattura e/o distrugge queste “fastidiose” galassie nane che le ronzano intorno. Qui siamo di fronte a  sistemi composti solo da piccole galassie che si muovono verso un unico punto di concentrazione (il baricentro del sistema). Sembrerebbe proprio di assistere alla fase costruttiva originaria, quella ipotizzata come la più plausibile per i tempi primordiali.

Un bel risultato, anche se la sua estrapolazione  alle origine è tutta da verificare osservativamente. Ci penseranno i telescopi del futuro, ma ben vengano questi fossili viventi che potrebbero veramente dirci che  “piccole galassie crescono e formano giganti”.

Articolo originale (facile da leggere) QUI

QUI l'articolo pubblicato il 24/1/2017 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

BUCHI NERI E STELLE PRIMORDIALI

(14/3/2017)

Inserisco due ricerche in un solo articolo, dato che entrambe si riferiscono alla nascita degli oggetti più importanti e più vecchi del Cosmo: i buchi neri galattici (i motori delle galassie) e le prime stelle, quelle che hanno potuto utilizzare solo l’idrogeno e l’elio creatosi subito dopo il Big Bang.

Nessuna delle due ricerche si basa direttamente su osservazioni, ma entrambe danno delle indicazioni che potrebbero essere molto interessanti.

Cominciamo con i buchi neri galattici, cresciuti troppo in fretta secondo i modelli correnti. Ne abbiamo parlato spesso e sembra proprio impossibile che l’unione di buchi neri stellari abbia potuto creare dei giganti nel giro di poche centinaia di milioni di anni. Un processo che sembrerebbe aver bisogno di miliardi di anni, eppure i buchi neri delle galassie primordiali sono già super sviluppati.

Si è anche pensato che essi siano nati dal collasso gravitazionale del gas primigenio, ossia prima delle stesse galassie e siano serviti come aggregatori di materia. Tuttavia, anche in questo caso, gli atomi di idrogeno dell’Universo primitivo, durante la fase oscura, erano un po’ troppo dispersi per riuscire ad arrivare ad addensarsi in oggetti così massicci. Molto più sensato limitarsi a stelle e all’unione di queste in gruppi galattici.

Ed ecco, allora, un’idea che sta un po’ a mezza strada e che non mi dispiace per niente, anche perché sarà verificabile con i prossimi telescopi, primo fra tutti Webb. Una galassia, con un buco nero centrale, relativamente piccolo, inizia la sua evoluzione, gioendo delle nascite stellari, magari proprio le prime in assoluto o, al limite, le seconde…

Ormai, però, l’Universo è pieno di galassie in formazione e tante sono curiose, soprattutto se piccole. Esse vengono attratte da quella che si sta evolvendo e non si accorgono di emettere ancora un sacco di radiazioni che investono la sorella in piena fase creativa. Radiazioni calde fanno in fretta a distruggere l’idrogeno molecolare e ridurlo nuovamente in atomi. La nascita stellare si blocca e il gas troppo caldo inizia a piombare verso il buco nero ingrassandolo in modo mostruosamente veloce. Un semplice blocco delle nascite, sufficiente a far crescere il motore, rimpinzato oltre ogni limite.

Il buco nero a sinistra è costretto a crescere in modo abnorme a causa delle radiazioni caldissime della galassia vicina, che interrompono la formazione stellare nella galassia che ospita il buco nero. Fonte: John Wise, Georgia Tech
Il buco nero a sinistra è costretto a crescere in modo abnorme a causa delle radiazioni caldissime della galassia vicina, che interrompono la formazione stellare nella galassia che ospita il buco nero. Fonte: John Wise, Georgia Tech

Sono state fatte simulazioni al computer e si è visto che la faccenda potrebbe funzionare a patto che … “non troppo caldo né troppo freddo”, ossia le galassie rompiscatole non devono essere troppo grandi o troppo piccole così come non possono essere troppo lontane o troppo vicine. Insomma, la solita storia che, in fondo,  governa l’Universo dalle galassie fino ai giochi della meccanica quantistica.

Articolo originale QUI

 

L’altra ricerca, invece, descrive come si potrebbero riconoscere le stelle di prima generazione. Ovviamente, sperare di vedere stelle singole a tali distanze non sarà facile nemmeno nel prossimo futuro. Si potrebbe, però, scovarle nel momento della loro esplosione (sarebbe già molto…).

Una ricerca teorica, basata sui dati relativi ai vari tipi di supernova, ha creato un modello che descriverebbe ciò che si dovrebbe vedere quando Webb sarà in orbita. Ogni supernova ha una sua curva di luce peculiare, data da un picco di luminosità seguita da un andamento quasi piatto e poi da una lenta discesa. Le caratteristiche più raffinate di questo andamento dipendono molto dalla metallicità della stella esplosa, ossia dalla quantità di elementi pesanti già presenti nella “fabbrica” prima che li costruisse lei stessa.

Si è calcolato che l’onda di shock e il tratto pianeggiante dovrebbero essere più corti in una stella povera di metalli. In particolare, esse dovrebbe apparire più azzurra e meno luminose. Insomma, il modello è pronto… adesso non ci resta che aspettare e vedere se funzionerà.

In un Universo buio e pieno di idrogeno ed elio per circa 100 milioni di anni dopo il Big Baang, iniziano a formarsi e a esplodere le prime stelle giganti. Un lampo azzurro che speriamo di vedere tra non molto. Fonte: Kavli IPMU
In un Universo buio e pieno di idrogeno ed elio per circa 100 milioni di anni dopo il Big Bang, iniziano a formarsi e a esplodere le prime stelle giganti. Un lampo azzurro che speriamo di vedere tra non molto. Fonte: Kavli IPMU

Vedere esplodere in diretta una delle prime stelle, una delle pioniere dell’Universo, sarà veramente emozionante e commovente. E inoltre… “il gas sarà sempre più blu!”

Un poster dell’articolo si può trovare QUI

QUI l'articolo pubblicato il 14/3/2017 e, a seguire, eventuali commenti

 

COME VEDERE I BUCHI NERI? CI PENSA CHANDRA...

7/1/2017

L’immagine attorno a cui si sviluppa l’articolo è veramente qualcosa di prodigioso, anche se sembra una campo stellare banale e povero. Ciò che si vede è soprattutto ciò che non si potrebbe vedere: buchi neri galattici in via di formazione.

Un’immagine di Chandra veramente incredibile, già a partire dal suo tempo di esposizione: undici settimane e mezzo! Ciò che si vede in uno spazio pari alla Luna Piena è una concentrazione di circa 5000 buchi neri. Molti di loro (circa 2000) hanno una controparte ottica della galassia che li ospita, osservata da Hubble, da cui si stima un’età corrispondente ai 12-13 miliardi di anni.

I colori dei vari “puntini” raccolti nella lunghezza d’onda dei raggi X indicano l’energia delle sorgenti: i meno potenti sono rossi, i più potenti sono blu. Ovviamente, ciò che vediamo non sono i veri buchi neri, ma le radiazioni emesse dal materiale che sta cadendo verso di loro riscaldandosi fino a temperature altissime. Essi sono perciò tutti buchi neri attivi in fase di crescita.

Fonte: NASA/CXC/Penn State/B. Luo et al
Fonte: NASA/CXC/Penn State/B. Luo et al

Circa il 70% dei buchi neri osservati hanno masse che vanno da 100 000 a 10 miliardi di masse solari. Il ben noto mistero della crescita troppo rapida viene evidenziato ancora una volta. Molti di loro appartengono a un Universo uscito dal Big Bang da troppo poco tempo per pensare a una concentrazione di massa così elevata. C’è ancora molto da fare per capire come sono nati e cresciuti i Signori dell’Universo. Quanta massa hanno ingoiato e che meccanismo gli ha dato una tale rapidità digestiva? (Un’interessante teoria, attualmente oggetto di indagine, è quella del collasso diretto di enormi nubi di gas).

Ciò che appare da questi ultimi dati sembra indicare che la crescita non avvenga per ingestione continua, ma attraverso abbuffate brevi e gigantesche. Uno sguardo sulla preistoria del Cosmo, attraverso i suoi “predatori” più affamati, al pari dei Tirannosauri. Una visione che ben poco ha di veritiero, dato che sappiamo quanto siano utili e servizievoli, per l’evoluzione stellare, questi mostri.

In ogni modo, al di là dei misteri ancora nascosti, è veramente impressionante vedere una parte del cielo filtrata da tutto ciò che non proviene dai pasti pantagruelici degli antichissimi buchi neri primordiali. Come essere a Jurassic Park e assistere al pasto dei T-Rex.

C’è da rimanere ore ad ammirare un’immagine apparentemente banale e monotona e pensare a lungo… quasi quanto c’è voluto per catturare l’immagine. Dopo lo scontro tra ammassi, ecco le fonti di energia più potenti delle galassie primordiali. Questa è vera astrofisica!

Articolo presentato al 229mo meeting della Società Astronomica Americana.

QUI l'articolo pubblicato il 7/1/2017 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

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Volete sapere cosa vedreste avvicinandovi ad un buco nero? Bene... pronti, attenti, VIA!

NEWS del 10/4/2019 - Ottenuta la prima prova visiva diretta di un buco nero!

NEWS del 3/6/2020 - Una simulazione fatta con un supercomputer sembra avere risolto il mistero della rapida crecita dei buchi neri primordiali (ma... c'è un ma!)

NEWS del 31/7/2021 - Parliamo di "mostruosi" oggetti che sarebbero vissuti nelle fasi primordiali dell'Universo e formati attraverso il collasso di una nube gigantesca: le quasi-stelle, nelle quali l'enorme gravità e la composizione di solo idrogeno ed elio potrebbero avere avuto come conseguenza la formazione di un embrione di buco nero.

NEWS del 28/2/2023 - Webb e Alma osservano sei galassie primordiali (con i rispettivi buchi neri galattici) talmente massicce che "non dovrebbero" esistere

NEWS del 20/9/2023 - L'analisi dei dati del telescopio Webb conferma l’esistenza di buchi neri supermassicci (di massa dell'ordine del miliardo di masse solari) al centro di galassie attive nell’universo giovane (800-900 milioni di anni dopo il Big Bang)

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