08/04/18

L'INFINITO TEATRO DEI BUCHI NERI (4): L'appetito vien mangiando

Questo articolo è stato inserito nella serie "L'Infinito Teatro dei Buchi Neri", che raccoglie in modo organico gli articoli più significativi sull'argomento.

 

E' vero che l'appetito vien mangiando, ma, come saggiamente aggiungeva il Grande Totò, è ancor più vero che viene a star digiuni!

E i nostri amici buchi neri non ci pensano neanche a stare digiuni, anche se, contrariamente a come forse molti di noi se li immaginano, non mangiano in continuazione, ma adottano quei sani principi di corretta alimentazione ai quali tutti dovremmo attenerci, nel rispetto della nostra salute e di un'equa distribuzione delle risorse che l'Universo ci mette a disposizione.

Non rattristiamoci quando una piccola e tenera stella cade nelle sue fauci come una gazzella in quelle del leone: se ci dispiace che ci sia una stella in meno a brillare nel Cosmo, è solo un problema nostro. Nell'Universo tutto è equilibrio e perfezione, e ciò che può apparire uno spreco, persegue sicuramente uno scopo superiore, che noi umani lo si comprenda o meno...

Una cosa, però, l'abbiamo capita bene: i pasti dei buchi neri, siano essi presenti, passati o futuri, sono fondamentali per la comprensione della Meraviglia che ci circonda.

Attraverso una selezione di articoli che andiamo a riproporvi, vediamo come ciò sia possibile. E se l'appetito della vostra curiosità aumenterà mangiando, seguite la rete dei link proposti e (forse) vi sazierete!Daniela

 

IL DRAGO SI E' SVEGLIATO DUE MILIONI DI ANNI FA

(16/10/2013)

Il buco nero centrale della nostra galassia sta divorando una piccola nube di materia. Un piccolo rinfresco e niente di più che potrebbe, però, lanciare segnali che tutti aspettano con grande interesse. Ben diversa potrebbe essere stata la situazione due milioni di anni fa, quando il nostro “drago” ha lanciato fuoco e fiamme lasciando segni ancora oggi ben visibili.

E’ dal 2011 che si sa che il nostro buco nero centrale sta per inghiottire parte di una nube gassosa che darà sicuramente luogo a episodi di una certa violenza. Niente di veramente eccezionale, anche se tutto ciò che riguarda il nostro motore galattico ha sempre un’importanza fondamentale.

Si sospetta anche che i buchi neri galattici passino facilmente e rapidamente da momenti di calma a momenti di attività quasi parossistica. Lo abbiamo scoperto nelle altre galassie sia direttamente che indirettamente. Sicuramente nell’infanzia dell’Universo erano fenomeni molto più frequenti e violenti come ci indicano i quasar (nuclei galattici attivi legati alla presenza di un buco nero in piena attività). Sono momenti essenziali per la vita di una galassia, dato che questi “banchetti” cosmici creano situazioni diverse nello spazio che li circonda, causando a volte un rapido incremento delle nascite stellari e a volte un blocco evolutivo e addirittura l’espulsione di gas prezioso per la formazione di nuovi astri. Non è ancora del tutto chiaro il ruolo effettivo di un buco nero rispetto alle fasi vitali della struttura che lo contiene, ma sicuramente è lui che guida le danze (del ruolo dei buchi neri nei processi di nascita stellare abbiamo ampiamente parlato QUI).

Il rapido passaggio di un buco nero da una fase tranquilla a una violenta e viceversa pone, comunque, problemi non indifferenti e lascia abbastanza sorpresi. In altre parole, sembra proprio che quando un buco nero ha fame non ci pensi due volte a catturare del cibo (e lo può trovare facilmente attorno a sé) così come, quando ha deciso che può bastargli, torni a dormire il sonno del giusto con altrettanta rapidità.

E’ possibile scorgere dei segnali che indichino un pasto violento avvenuto in passato? Certamente non si trovano “cartelli” chiari che ci avvisino di una fase violentissima che si è arrestata improvvisamente, ma ormai la nostra tecnologia è in grado di cercare un po’ dappertutto e accorgersi di qualche strana anomalia che potrebbe richiamare un episodio non troppo antico.

In tempi recenti, sono state fatte due scoperte che sembravano essere, in qualche modo, scollegate tra loro. La prima si riferisce alle due “bolle” gassose che il satellite Fermi ha individuato da entrambi i lati della nostra galassia (ne abbiamo parlato QUI). Nel 2010 si sono, infatti, individuate due enormi nubi che si allargano dal centro della galassia verso l’esterno nelle due direzioni perpendicolari al piano della Via Lattea. Qualcosa di tenue luminosità ma di enormi dimensioni, in grado di coprire quasi un quarto del cielo. Dopo molti studi, si è concluso che le due bolle gassose dovevano essersi formate durante una gigantesca esplosione proveniente dal centro della galassia, proprio dalla zona in cui sta riposando tranquillo in nostro “drago”.

bolle della Via Lattea
Le bolle della nostra galassia. Fonte: NASA's Fermi Gamma-ray Space Telescope

Nel frattempo si stava studiando sempre meglio la corrente magellanica (magellanic stream), ossia quel filamento lunghissimo di idrogeno neutro che sembra connettere come un cordone ombelicale le due nubi di Magellano con la loro galassia madre, ossia la Via Lattea. Ma, benché ormai si sapesse molto di più sulla sua composizione e sulla sua dinamica e -forse- anche origine, risultava ancora molto strana la sua luminosità eccessiva, soprattutto nell’ultravioletto. Insomma, sembrava che qualcosa di estremamente violento l’avesse investita illuminandola e lasciando ancora oggi un segnale ben rivelabile.

corrente magellanica
La corrente magellanica. Fonte: David L. Nidever, et al., NRAO/AUI/NSF e Mellinger, LAB Survey, Parkes Observatory, Westerbork Observatory, e Arecibo Observatory.

Perché non fare, allora, uno più uno uguale a due? Il nostro buco nero emette normalmente radiazioni in molte lunghezze d’onda, dal radio all’infrarosso, dall’ultravioletto all’X e al gamma. Se queste radiazioni sono relativamente modeste nelle condizioni attuali, cosa sarebbero diventate durante una fase di grande appetito del “drago”?

Qualcosa di veramente spaventoso, capace di investire e attivare perfino un filamento di idrogeno lontano più di 200 000 anni luce. Avete già capito, sicuramente, dove voglio arrivare.

Un episodio violento del buco nero avrebbe facilmente illuminato la corrente magellanica risolvendo il problema della sua luminosità anomala. Tuttavia, questo episodio di attività frenetica non poteva essere avvenuto da troppo tempo. Il prof. Bland-Hawthorn dell’Osservatorio Australiano lo ha legato con quello che ha dato origine alle bolle di Fermi. Con grande soddisfazione del ricercatore, i tempi dei due segnali cosmici coincidono quasi perfettamente. Getto di radiazione verso il filamento delle nubi di Magellano e espulsione delle enormi bolle di gas sembrano proprio appartenere allo stesso fenomeno, un pasto pantagruelico del nostro buco nero.

Quando è successo tutto ciò? Da poco tempo, soltanto due milioni di anni fa. Sembra quasi impossibile, eppure tutto torna perfettamente se si ipotizza un’attività spaventosa e violentissima del nostro “drago” che adesso è molto tranquillo e si limita a mangiare solo qualche stuzzichino.

Pensate che l’annuncio ufficiale del professore australiano è stato dato durante una conferenza scientifica del “Galaxy Zoo”, quella splendida iniziativa che vede un’azione corale e di primo piano da parte di 150 000 astronomi dilettanti sparsi per il mondo. Qualsiasi riferimento ai tanti “astrofili” italiani che si limitano a voler scorgere la piccola macchiolina azzurra di Urano NON è del tutto casuale… Basterebbe poco per partecipare in prima persona a una ricerca scientifica di alto livello,  senza fossilizzarsi nel cercare di vedere con la coda dell’occhio una galassia che si potrebbe studiare nei dettagli in un’immagine ripresa dai massimi telescopi attuali e contribuire alla storia conoscitiva dell’Universo. Per fortuna esistono anche astrofili veri che danno un contributo importante alla ricerca scientifica, ne abbiamo parlato QUI, QUI e QUI. Va beh… torniamo al nostro “drago”.

L’ipotesi di Bland-Hawthorn risolve brillantemente la luminosità della corrente magellanica, dato che nessuna stella potrebbe mai investirla con la necessaria intensità di luce ultravioletta. Sarebbe centinaia di volte meno energetica.

Se tutto ciò fosse vero (la comunità scientifica sembra piuttosto favorevole a questa spiegazione in fondo più semplice di tanti altri meccanismi) si dimostrerebbe ancora una volta che l’interruttore per accendere o spegnere un buco nero funziona molto rapidamente. Due milioni di anni sono realmente un periodo di tempo ridicolo su scala cosmica. Eppure, ben pochi segni rimangono a ricordarci quello che è avvenuto. Il drago sa cambiare di umore molto rapidamente e con molta circospezione.

Due milioni di anni fa è un tempo che non può essere ricordato nella storia dell’uomo. Ma forse l’evento è rimasto impresso nel cervello in piena evoluzione di qualche scimmia particolarmente “intelligente”. Chissà che non sia anche impresso nel nostro DNA? E’ forse questo ricordo ancestrale che genera un particolare timore verso i buchi neri e le loro “esternazioni”? Staremo a vedere…

Beh sì, potremo proprio stare a vedere, dato che se un evento del genere è successo due milioni di anni fa potrebbe ripetersi in un tempo futuro anche piuttosto vicino. E’ solo questione di fame e di cibo a disposizione. Cosa capiterebbe all’umanità? Difficile da immaginare, anche perché sappiamo di sicuro che la vita sulla Terra non ha avuto problemi seri due milioni di anni fa. Siamo stati esageratamente fortunati a causa della direzione scelta dalla radiazione del drago o siamo riusciti a superare una crisi terribile, anche se con serie perdite? Chissà che i fossili di due milioni di anni fa, studiati con nuova particolare attenzione, non ci dicano qualcosa in più.

Il filmato che segue dà una chiara idea di quello che può essere successo due milioni di anni fa. Il drago, cento milioni di volte più potente di oggi, emetteva proprio fuoco e fiamme e spazzava con violenza lo spazio circostante.

Che dire? Speriamo che tante piccole merende possano accontentare il nostro buco nero ed evitargli un’abbuffata colossale.

Il lavoro originario è scaricabile QUI

QUI l'articolo pubblicato il 16/10/2013 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

LA FORTUNA AIUTA GLI AUDACI (E LA RICERCA SCIENTIFICA)

(23/10/2015)

La fortuna aiuta gli audaci. Un motto spesso veritiero. Nel nostro campo andrebbe leggermente corretto: la fortuna aiuta la ricerca sempre più accurata e precisa. Prima o poi, porta a scoperte estreme. Quella di cui sto per parlare, al di là dell’interesse intrinseco, ci mostra un fenomeno piuttosto raro che, per essere visto “in diretta”, con i tempi umani, introduce un valore aggiuntivo.

La formazione di un disco di accrescimento attorno a un buco nero

Sappiamo molto bene che quando una stella “imprudente” si avvicina troppo a un buco nero galattico, la sua esistenza è praticamente segnata. Le forze mareali sono tali da disintegrare completamente la stella e farne un ottimo bocconcino per il cosiddetto “cannibale”. Sono già stati osservati fenomeni del genere, ma quello di cui parliamo oggi è veramente una ghiotta occasione per lo studio della formazione dei dischi di accrescimento e non solo. Possiamo dire che la fortuna ha aiutato gli audaci osservatori!

La fine di una stella non è un processo semplice. Solo una parte di essa finisce nelle fauci del mostro, mentre un’altra parte scappa a grande velocità sotto forma di una coda di gas che assomiglia a una enorme cometa. La fuga ad alta velocità determina dei lampi nei raggi X che possono durare per anni e la cui osservazione non solo conferma la distruzione stellare, ma ne permette uno studio accurato.

Il caso in questione si riferisce a una galassia (PGC 043234) che si trova a 290 milioni di anni luce da noi. La distruzione vera e propria è stata osservata già nel 2014 e ha messo in azione osservatori molto efficienti, come XMM-Newton, Swift e Chandra. Questi “specialisti” hanno potuto leggere perfettamente cosa stava capitando nell’emissione dei  raggi X.

Dopo che una stella viene distrutta, una parte viene ingoiata dal buco nero e nella sua caduta la temperatura aumenta enormemente per frizione, producendo una grande emissione di raggi X. Il materiale che cade si sistema solitamente in un disco di accrescimento. Ma la sua formazione non è compresa perfettamente. Le osservazioni negli X hanno permesso di studiare le variazioni di intensità nel tempo e di capire molte cose sul processo che avviene al di fuori dell’orizzonte degli eventi, anche a distanze relativamente grandi.

L’illustrazione mostra come si dovrebbe presentare ciò che resta della stella distrutta: un disco di accrescimento attorno al buco nero e una lunga coda di gas la cui velocità di allontanamento indica un’orbita ellittica, gestita dalla gravità del buco nero. Il piccolo riquadro mostra lo spettro ottenuto nei raggi X, dove sono presenti varie “cadute” di intensità. Esse sono spostate verso il blu rispetto a quanto previsto e indicano come il gas si stia allontanando dal centro, a velocità non molto alte. Fonte: NASA/CXC/M. Weiss
L’illustrazione mostra come si dovrebbe presentare ciò che resta della stella distrutta: un disco di accrescimento attorno al buco nero e una lunga coda di gas la cui velocità di allontanamento indica un’orbita ellittica, gestita dalla gravità del buco nero. Il piccolo riquadro mostra lo spettro ottenuto nei raggi X, dove sono presenti varie “cadute” di intensità. Esse sono spostate verso il blu rispetto a quanto previsto e indicano come il gas si stia allontanando dal centro, a velocità non molto alte. Fonte: NASA/CXC/M. Weiss

Si è determinato che la maggior parte dei raggi X provengono dal materiale che è vicinissimo al buco nero. Questo fatto è abbastanza ovvio, dato che la luminosità maggiore deve localizzarsi proprio nell’orbita stabile più stretta. Più interessante ancora -forse-  è l’evoluzione del gas che scappa. I raggi X mostrano che esiste una specie di “vento” che si muove verso l’esterno. Tuttavia, esso non si muove abbastanza velocemente da scappare dal campo gravitazionale del buco nero. Ne consegue che il gas dovrebbe seguire un orbita molto eccentrica e la velocità diventerebbe minima quando il gas raggiunge il punto più lontano dalla massa centrale. L’evoluzione di questo materiale è di estrema importanza per capire la costruzione definitiva del disco di accrescimento e ciò che capita nei suoi dintorni. L’oggetto in questione può essere seguito e può continuare a dare informazioni in tempo reale. Anche i tempi umani possono essere preziosi per certe evoluzioni molto rapide nella scala dell’Universo.

Per saperne di più, l’articolo originale si trova QUI

QUI l'articolo pubblicato il 23/10/2015 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

LA GRANDE ABBUFFATA

(10/6/2016)

Al centro di un remoto ammasso galattico regna sovrana un’enorme galassia che contiene un supermassiccio buco nero. Normalmente sa trattenersi nel mangiare e segue una dieta quasi perfetta. Poi, improvvisamente decide di fare un banchetto come si deve. Possiamo dargli torto dopo tutto il lavoro che ha fatto?

Abbiamo parlato da poco del gas ultra caldo che circonda molte galassie e che in qualche modo ha la possibilità di lasciare la sua casa, aiutato in questo anche dal motore centrale del buco nero e dai suoi getti (QUI). Un processo che può inseminare l’Universo e non solo casa propria.

Tuttavia, questo gas caldissimo lentamente si raffredda, cosa più che giusta se un giorno vorrà formare altre stelle. Quale può essere il destino di queste nuvole ormai fredde una volta che si trovano sperse in un ammasso galattico come Abell 2597? Beh… potrebbero andare a rifornire altre galassie, oppure essere guidate lungo la strada, imposta dalla gravità, verso la regina dell’ammasso, la galassia più grande che contiene anche il motore più potente. Un motore che ha aiutato proprio a formare aloni ultracaldi e che magari vede tornare indietro la stessa materia che aveva inviato a conquistare l’Universo.

Sto parlando in modo estremamente rozzo, ma è solo per cercare di capire quanto sia complesso e -forse- imprevedibile seguire l’evoluzione del gas che permea un ammasso galattico. L’importante è, però, che vi sia molto gas freddo che vaga tra una galassia e l’altra e che non può non subire l’attrazione della galassia centrale. Gas freddo che penetra dentro una galassia vuol dire sicuramente nuove nascite, ma vuole anche dire una grande festa per il signore e padrone dell’immensa struttura.

Il buco nero è abituato a cibarsi di una quantità modesta di gas caldo che crea una specie di sfera attorno a lui e che precipita più meno lentamente spiraleggiando. Una dieta molto regolare e rigorosa, senza stravizi. Ma ogni tanto si merita una grande abbuffata ed ecco che nubi di gas freddo che giungono da migliaia di galassie dell’ammasso possono cadere quasi direttamente su di lui, fornendolo di una quantità straordinaria di cibo. Altro che poche stelle imprudenti o piccoli nubi di passaggio. Una vera e propria pioggia di materia per il grande motore!

La galassia in questione è però troppo lontana (un miliardo di anni luce) per poter vedere queste nubi fredde che vanno ad accrescere in modo così fantastico il disco di materia che il buco nero ingoierà con gran gusto.

Tuttavia, anche se ancora a regime, il buco nero lancia i suoi getti verso lo spazio. Getti luminosi in varie lunghezze d’onda. Getti che però, mostrano zone scure, come se venissero nascosti da qualcosa. In modo simile a quanto fa un pianeta quando transita davanti a una stella,  il gas freddo e scuro passa davanti ai getti cadendo verso il buco nero.

Immagine artistica di quello che sta capitando all’interno di una gigantesca galassia distante un miliardo di anni luce. Nel cuore della galassia più luminosa dell’ammasso Abell 2597, nubi di gas freddo stanno precipitando verso l’enorme buco nero. In questa caduta alcune di loro oscurano I getti del motore centrale e si rendono visibili, mostrando il cibo di un favoloso banchetto che sta per iniziare. Fonte: NRAO/AUI/NSF; D. Berry/SkyWorks; ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)
Immagine artistica di quello che sta capitando all’interno di una gigantesca galassia distante un miliardo di anni luce. Nel cuore della galassia più luminosa dell’ammasso Abell 2597, nubi di gas freddo stanno precipitando verso l’enorme buco nero. In questa caduta alcune di loro oscurano i getti del motore centrale e si rendono visibili, mostrando il cibo di un favoloso banchetto che sta per iniziare. Fonte: NRAO/AUI/NSF; D. Berry/SkyWorks; ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)

Insomma, il prossimo pasto pantagruelico è stato scoperto per l’ombra causata dalle nubi fredde che passano davanti al getto luminosissimo. Un colpo di fortuna, sicuramente, anche perché sono stati viste tre nubi a non più di 150 anni luce dal loro “bersaglio”. Esse stanno precipitando a velocità dell’ordine di trecento chilometri al secondo. Una possibilità davvero straordinaria per seguire la preparazione di una festa non troppo frequente e sicuramente piuttosto rapida.

Tra un milione di anni avremmo visto un buco nero in piena forma, con getti potentissimi. Avremmo saputo che stava mangiando alla grande, ma non avremmo saputo la provenienza del cibo. La fortuna è sempre necessaria anche nel Cosmo… un altro grande colpo di fortuna per gli astronomi, che hanno potuto osservare il preciso momento in cui un buco nero “si è messo a dieta”, lo abbiamo raccontato QUI

Articolo originale QUI

QUI l'articolo pubblicato il 10/6/2016 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

SEMPRE DI "MORTE" STELLARE SI TRATTA, PERO'...

(13/12/2016)

Una supernova mai vista, incredibile, ultra luminosa. Si deve fare subito un programma e un modello che la spieghi... No, no, aspettiamo un attimo e facciamo parlare le osservazioni.

Una supernova avverte l’Universo vicino che una stella gigante è arrivata al suo ultimo atto prima di trasformare quello che le  rimane in un nucleo di materia veramente speciale. Una “morte” violenta, scenografica e fondamentale per la creazione degli elementi più pesanti e degli oggetti più strani del Cosmo: stelle di neutroni e buchi neri. Una morte molto utile che ha fatto perfino prendere un Nobel a chi ha visto nelle supernove di un certo tipo un metro perfetto (forse troppo perfetto per essere vero…) per misurare le distanze.

Non è molto (QUI) che abbiamo parlato di una supernova che sembrava superare ogni limite. Un’esplosione violentissima e luminosissima che è diventata veramente mostruosa quando ci si è accorti che la sua luce aveva impiegato ben 3.8 miliardi di anni luce per arrivare fino a noi.  La supernova più luminosa mai osservata e giù teorie su  magnetar eccezionali e cose del genere.

Noi avevamo preso un po’ in giro quella notizia e soprattutto quelle spiegazioni. Ma chi siamo noi per mettere in dubbio certe elucubrazioni mentali di altissimo livello? Presto detto, siamo umilissimi appassionati che usano la propria testa e che pensano che prima di concludere qualcosa sarebbe meglio aspettare un pochino e non aver fretta di innalzare castelli di carta rapidissimi e fragilissimi. Ma si sa… ormai bisogna arrivare per primi a tutti i costi e poi si trattava della PIU’ luminosa supernova (della "Scienza del Più" abbiamo parlato QUI).

E se invece di una super stella si trattasse solo di un coniglio che ha urlato a squarciagola prima di essere sbranato da una volpe molto scaltra (tanto per restare in tema del recente QUIZ)? Normalmente una supernova si spegne abbastanza rapidamente seguendo una certa curva di caduta. E, invece, questa non ne aveva nessuna voglia e per undici mesi ha fatto bella mostra di sè. Una supernova ancora più strana? Forse ritoccando il programma si poteva anche preparare a tavolino. Magari con l’aggiunta di una brana o di una stringa… e un po’ di materia oscura, che non guasta mai.

Fatemi richiamare quanto avevamo scritto alla fine dell’articolo che riportava la scoperta di ASASSN 15th (già il nome è un programma):

Non resta che andare a studiare meglio la galassia che ospita questo faro eccezionale. Lo farà Hubble quest’anno. Cercherà di vedere dove è situata la piccola stella così pretenziosa. Se dovesse coincidere con il centro della galassia, saremmo costretti a rivedere l’ipotesi magnetar e pensare che quella nebulosità considerata un resto di una supernova potrebbe invece essere materia attorno al buco nero. Un buco nero, però, fuori del comune con qualche reazione nucleare nei suoi paraggi mai verificata finora. Insomma, dalla padella alla brace. Sì, l’Universo sa proprio divertirsi alle nostre spalle…

Più che divertirsi, l’Universo, si meraviglia della smania di trovare conclusioni immediate ai regali eccezionali e un po’ misteriosi che ogni tanto ci fa. Una spiegazione alternativa è proprio quello che sta venendo fuori, dopo che le osservazioni hanno permesso di capire un po’ meglio la situazione.

La stella in questione è molto probabilmente una stella come il Sole e la sua fine molto meno eclatante. Essa sarebbe stata catturata, al pari di un coniglio, dal buco nero centrale della galassia, la volpe molto affamata. L’urlo di disperazione e la distruzione completa causata dalle forze di marea del buco nero non hanno avuto problemi a far raggiungere temperature e luminosità incredibili alla straziante scena di “caccia” (ricordiamoci, però che anche i buchi neri devono sostenersi per far vivere al meglio la loro numerosissima famiglia di stelle, gas e polvere. Non diventiamo “vegani” stellari, mi raccomando…).

Un punto luminoso straordinariamente brillante apparso in una galassia distante, chiamato ASASSN-15lh, era stato interpretato come la supernova più brillante mai vista. Ma nuove osservazioni da diversi osservatori, tra cui l'ESO, ne hanno messo in dubbio la classificazione. Un gruppo di astronomi propone infatti che la sorgente sia un evento ancora più estremo e raro: un buco nero in rapida rotazione che riduce a brandelli una stella che gli si è avvicinata troppo. Fonte: ESO, ESA/Hubble, M. Kornmesser
Un punto luminoso straordinariamente brillante apparso in una galassia distante, chiamato ASASSN-15lh, era stato interpretato come la supernova più brillante mai vista. Ma nuove osservazioni da diversi osservatori, tra cui l'ESO, ne hanno messo in dubbio la classificazione. Un gruppo di astronomi propone infatti che la sorgente sia un evento ancora più estremo e raro: un buco nero in rapida rotazione che riduce a brandelli una stella che gli si è avvicinata troppo. Fonte: ESO, ESA/Hubble, M. Kornmesser

Possiamo sperare di vederla cadere nella bocca della volpe, seguendo la sua linea ferroviaria decisa dalla curvatura spaziotemporale (ne abbiamo parlato QUI)? Purtroppo no. L’orologio della materia che cade sta rallentando sempre di più mentre lo osserviamo. La sua luce deve faticare per riuscire a mandare un segnale dei momenti più tragici e si sposta a lunghezze d’onda che non saremo in grado di rilevare e il tempo che impiegherà per raggiungerci tenderà a infinito.

La Natura, spiegata così bene dalla RG, ci vieta di vedere il momento più truculento e impressionante… una specie di censura. Non è la TV e le macchie di “sangue” preferisce non mostrarle in primo piano, magari aumentando con qualche tecnica speciale il loro colore. L’Universo segue la linea migliore, la più utile, la più armonica. Anch’esso ha i suoi binari ferroviari predisposti con perfetta geometria.

Ci dobbiamo accontentare di un disco di accrescimento e di immaginare la povera stella diventare un piatto di spaghetti “tirati” a regola d’arte dalle forze mareali.

Le osservazioni seguenti alla scoperta sembrano confermare questo scenario, anche se appare necessario che il buco nero sia in rapida rotazione (buco nero di Kerr) e sia in grado di trascinarsi anche lo spaziotempo in questa danza frenetica. Forse la verità non la sapremo mai, ma di sicuro ci stiamo avvicinando.

Qua sotto un bel video che mostra una rappresentazione artistica della cattura del coniglio... ops... della stella!

 

 Articolo originale QUI
 QUI l'articolo pubblicato il 13/12/2016 e, a seguire, gli eventuali commenti

SLOW FOOD GALATTICO

(7/2/2017)

Anche ai buchi neri galattici piace lo “slow food”. No, non tanto la celebre associazione, ma il vero e proprio “mangiar lento”. D’altra parte lo dicono tutti i medici: masticare lentamente e ingoiare senza fretta. Si cresce meglio…

Non è certo la prima volta che si assiste al pasto di un buco nero galattico. In un certo numero di casi si è osservata addirittura una vera e proprio azione di “caccia”: la distruzione completa, per effetto dei ben noti effetti mareali, di una stella troppo spericolata. Una specie di camaleonte che aspetta che la preda si avvicini e poi “zac”, fuori la lingua e il pasto è assicurato!

Nel caso del buco nero, la lingua è la gravità che cattura la stella e la fa cadere verso di lui, disgregandola e inserendo la sua materia in un disco di accrescimento, che viene ingoiato un po’ alla volta. Normalmente, la stella viene completamente distrutta, ma buona parte del suo gas trova ancora la forza di fuggire dalla spirale senza speranza e ritornare nello spazio a distanza di sicurezza.

slow-food
Una visione artistica del pasto del nostro buco nero, sostenitore del mangiar bene e mangiare lentamente. Fnte: CXC/M. Weiss; X-ray: NASA/CXC/UNH/D. Lin et al, Optical: CFHT.

Il pasto ha tempi piuttosto brevi per la scala dell’Universo. Nel giro di un anno il buco nero finisce il pasto. Com’è possibile stabilire questo tempo? Facile… il materiale che cade viene accelerato, si riscalda sempre più ed emette lampi X ben visibili anche a grandi distanze.

Ovviamente, uno dei migliori osservatori X è sicuramente Chandra ed è proprio lui ad avere seguito con interesse un gigantesco buco nero che si affida alle regole dello “slow food”. I suoi bagliori X sono durati circa 10 anni (dieci volte il tempo normale). Le possibilità sono due: o la stella distrutta era la più grande mai vista precipitare nella gola del cannibale cosmico (povero buco nero, sempre questa terribile definizione), oppure era una stella normale che, però, è stata mangiata completamente, senza permettere a nessun pezzo di materia di scappare dalla tela del ragno gravitazionale. Qualcosa di simile a chi pulisce il piatto con un pezzo di pane per gustarsi fino alla fine l’ottimo sugo rimasto.

Il lento e affamato buco nero si trova in una piccola galassia a circa 1.8 milioni di anni luce. Sembra anche che la massa che sta ingoiando sia decisamente fuori quota. La radiazione emessa dal materiale circostante il gigante ha superato nettamente il limite di Eddington, definito come il bilanciamento tra pressione di radiazione del gas caldissimo e l’attrazione gravitazionale del buco nero. Questo fatto implicherebbe che i buchi neri riescano a crescere di più di quanto sembrerebbe imporre il limite di Eddington, durante pasti pantagruelici. Basta mangiare piano e mangiare tutto.

Le previsioni teoriche fanno pensare che ci vorrà ancora una decina d’anni perché il pasto si concluda veramente, con un bel… “ruttino”.

Articolo originario QUI

QUI l'articolo pubblicato il 7/2/2017 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

NON CHIAMIAMOLO ASSASSINO

(22/3/2017)

Un buco nero galattico è sempre considerato una specie di mostro che ingoia tutto quello che gli capita a tiro. Teniamo presente, però, che anche lui deve mangiare per mantenere in ordine la sua galassia. Come capita anche nella Natura che ci circonda vi è sempre un predatore che cattura una preda. Questa non è cattiveria… è solo sopravvivenza.

Normalmente i predatori sono sempre meno delle prede: è una questione di equilibrio naturale. Dobbiamo accettare questa legge, perché , anche se l’uomo fa di tutto per  creare confusione a riguardo, è l’unico modo perché nel nostro mondo regni l’armonia. Lo ha fatto per miliardi di anni e l’uomo ha sconvolto certi equilibri per puro gusto di competizione. D’altra parte è molto facile competere e vincere quando si usa la tecnologia. Poi, per farsi perdonare, ha spesso esasperato le regole della Natura e quando un gatto mangia un topolino o -meglio- quando una leonessa afferra una gazzella sembra che gli animali si dividano in buoni e cattivi a seconda della nostra decisione. Insomma, come dicevo ormai, una grande confusione, dovuta spesso all’ignoranza e all’arroganza.

Fortunatamente l’uomo non è ancora riuscito a sconvolgere il Cosmo e, per il momento, cerca solo di “conquistare” Marte e renderlo adatto a se stesso. Non ci riuscirà, spero, ma sicuramente farà danni che ricadranno su di lui, come è sempre successo quando l’arroganza lo ha spinto a ergersi a padrone del suo pianeta. Speriamo che non l’abbia già fatto “inquinando” il pianeta rosso con i virus -e chissà che altro-, trasportati con robottini vaganti, che prima o poi indicheranno con grandi scoop mediatici “vita” marziana autoctona.

Tuttavia, spesso, ciò che capita nell’Universo viene separato dalla visione umana deformata in ciò che sembra giusto e in ciò che non lo è. Ne segue che i buchi neri “devono” essere cattivi (predatori), mentre chi gli capita a tiro (prede) è sicuramente buono. No, non esiste il buono e il cattivo in Natura, come dico spesso; questa strana divisione è solo una nostra creazione per accettare le peggiori manifestazioni di cui l’essere umano è capace e, sentendosi superiore, per estrapolarle alle più normali regole del Cosmo.

E veniamo al nostro “cattivo” per eccellenza, capace di divorare tutto, compresa l’informazione: il buco nero dal nome che è tutto un programma ASASSN-14li. Non è molto grande, “solo” tre milioni di masse solari, un po’ come il nostro. Scoperto nel 2014 ha fin da subito fatto capire di che pasta era fatto. Aveva da poco catturato una stella come il Sole, la solita gazzella poco prudente, e aveva iniziato il suo rito: dapprima aveva usato la forza di marea fino a disgregarla completamente e ridurla a una striscia di frammenti che hanno iniziato a orbitargli attorno.

Quando un buco nero passa all’azione decisiva manda dei segnali ben chiari, sia nel visibile che nell’ultravioletto e, infine, nei raggi X.  Molto dipende dal calore a cui arriva la materia che inizia a formare il disco di accrescimento attorno al “mostro”. Tuttavia, ci si era accorti che i raggi X erano cominciati con un certo ritardo rispetto a quelli nel visibile e nell’ ultravioletto. Non solo, però, la posizione degli X erano al posto giusto, nei pressi dell’orizzonte degli eventi, dove il materiale aveva raggiunto le giuste temperature nella sua caduta senza scampo; ben più distanti erano invece localizzati quelli a lunghezza d’onda superiore. Bisognava capire come mai e la storia, pur se apparentemente feroce e disumana (?), era dovuta a una rappresentazione teatrale che ha del meraviglioso.

E’ stato preparato un video molto bello che ce la racconta nei dettagli ed è più che esplicativo. Il materiale disgregato che orbita attorno al buco nero lo fa su un’orbita ellittica e succede che quello che ha appena rasentato il buco nero torna verso l’apoastro (il punto più lontano rispetto al gigante) e si scontra con il flusso di materia che sta andando verso di lui. Questo scontro produce i lampi nel visibile e nell’UV, mentre quello che giunge nei pressi dell’orizzonte degli eventi è in grado di produrre raggi X. Un’immagine che ha del meraviglioso e che lentamente si andrà placando nel solito disco di accrescimento.

 

No, non riesco a vedere niente di “cattivo” in tutto ciò… solo una meravigliosa scena dell’infinito teatro del Cosmo. E sapete cosa penso anche? Che i protoni, i neutroni e gli elettroni di quella stella, distrutta con tale sapienza, se la stanno ridendo allegramente in attesa di scoprire (beati loro) cosa c’è veramente all’interno di un buco nero (QUI un'ipotesi del nostro fantasioso Vin-Census). E sono sicuro che non sia l’inferno!

Articolo originale QUI

QUI un buco nero che sta per ingoiare una enorme nube di gas freddo e QUI una stella il cui passaggio ravvicinato, che avverrà nel 2018, intorno al buco nero galattico della nostra Via Lattea, sarà attentamente monitorato per studiare "in diretta" le conseguenze della Relatività Generale

QUI l'articolo pubblicato il 22/3/2017 e, a seguire, gli eventuali commenti

 

NUOVO CIBO PER I BUCHI NERI GALATTICI

(17/8/2017)

Esistono galassie chiamate “medusa”, dato che dalla loro parte “normale” si lanciano verso l’esterno veri e propri tentacoli di materia, dove possono nascere anche nuove stelle. Sembrerebbe che queste galassie trovino, nello stesso fenomeno, cibo in abbondanza per i loro buchi neri.

Normalmente le galassie “medusa” si trovano vicino al centro degli ammassi galattici, dove il gas caldo "inzuppa" tutto lo spazio. Lo scontro tra gas galattico e gas intergalattico produce una pressione detta ram (pressione d’ariete, la stessa che crea questi pilastri della "distruzione"), capace di strappare il gas ionizzato dalla galassia e creare i tentacoli tanto fotogenici.

Sembrerebbe un fenomeno che “toglie” qualcosa alla galassia e non certo un aiuto alla sua “crescita”. Tuttavia, si è osservato che le galassie medusa mostrano un alto e anomalo numero di buchi neri attivi, ossia in piena “abbuffata”. In qualche modo, ciò che dovrebbe togliere cibo sembra invece regalarne in quantità. Come questo gas che sembra scappare possa invece anche nutrire i buchi neri è ancora un problema da risolvere. Tuttavia, sembra chiaro che ci sia un collegamento stretto tra buchi neri attivi e pressione d’ariete. Chi vivrà vedrà e -forse- saprà… del resto niente nel Cosmo avviene per caso!

Una delle galassie “medusa” studiate nella ricerca. Fonte: ESO/GASP collaboration; CC-BY; Creative Commons Attribution 4.0 International License
Una delle galassie “medusa” studiate nella ricerca. Fonte: ESO/GASP collaboration; CC-BY; Creative Commons Attribution 4.0 International License

Un breve video esplicativo qui di seguito

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